Elvira Donnarumma tra Pulcinella e Berlusconi

Serena Autieri nei panni de «La sciantosa»

Serena Autieri nei panni de «La sciantosa»

«C’è la parola adatta, perché non la dobbiamo usare?». La citazione della battuta-chiave di «Ditegli sempre di sì» di Eduardo De Filippo appare addirittura obbligata di fronte a «La sciantosa», l’allestimento (sottotitolo: «Ho scelto un nome eccentrico») in scena al Diana per la regia di Gino Landi. Perché, in definitiva, si tratta non di uno spettacolo, varietà o musical che sia, ma di un vero e proprio concerto, con tanto di orchestra dal vivo ad accompagnare la mattatrice Serena Autieri.
Infatti, il testo, di Vincenzo Incenzo, è – mi si passi il gioco di parole, altrettanto obbligato – solamente un pretesto, per giunta carico dei più logori luoghi comuni circolanti su Napoli e sulla sua cultura: a partire dal Pulcinella che evoca nella scena iniziale. Serve, in breve, appena a legare fra loro le 15 (quindici) canzoni qui riproposte, da «Palomma ‘e notte» a «Comme facette mammeta», da «Santa Lucia luntana» a «Ninì Tirabusciò», da «’A tazza ‘e cafè» a «Fenesta vascia».
Tanto, però, senza che si neghi, quel copione, la pretesa di toccare i massimi sistemi, dal futurismo al fascismo, nientemeno – dichiara l’autore – che nel solco di Diderot. E il tutto dovrebbe costituire un omaggio a Elvira Donnarumma, della cui vicenda umana e artistica si forniscono minimi e noti particolari confusi, a parte le canzoni, con le incursioni di un mimo/ballerino (Alessandro Urso), le solite tirate consolatorie («Ah… Napoli… sei sempre stata una grande mamma tu, pronta ad accogliere nel tuo grembo tutto il mondo»), le solite frecciatine a Berlusconi, i soliti doppi sensi volgarotti e i soliti happening in platea.
La prova solistica della Autieri? Diciamo che ottiene nel canto risultati migliori che nella recitazione, quest’ultima sostanzialmente affidata all’impatto dell’indiscutibile avvenenza fisica dell’interprete. Ma non è solo perché è alta e slanciata che Serena Autieri non riesce ad evocare la piccola e rotondetta Elvira Donnarumma.
A titolo di bis viene eseguita «Reginella» di Bovio. Però a quest’allestimento manca proprio l’atmosfera che Libero Bovio descrisse in margine ai funerali della Donnarumma: «Tutto un popolo ha accompagnato la sua bara, un popolo lacrimoso e commosso, ferito in un sentimento che per esso è gioia e religione al tempo stesso: nell’amore del canto. Ed ella si è trascinati dietro la prima strofa della nostra giovinezza e l’ultimo singhiozzo del nostro desolato tramonto».

                                                                                                                                            Enrico Fiore

(«Il Mattino», 7 novembre 2014)

Questa voce è stata pubblicata in Recensioni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *