Spazio aperto

Questa sezione intende offrire ospitalità a tutti i teatri e a tutti i teatranti che vogliano esporre un problema, illustrare un progetto o sollevare una protesta. L’autore del blog pubblicherà integralmente le loro opinioni e i loro comunicati, sempre che, a suo giudizio, siano d’interesse generale e sempre che, beninteso, con contengano offese.

8 risposte a Spazio aperto

  1. Nino Daniele scrive:

    Caro Professore,
    la sua nota meriterebbe un più ampio commento. Spero di poterlo fare incontrandola.
    Molti dei rilievi sulle condizioni strutturali dei nostri teatri ed in particolare del Mercadante e del S.Ferdinando sono oggettivi. Su questo posso assicurarle che tra mancanza di risorse e procedure infernali cercheremo di produrre qualche miglioramento a breve.
    Purtroppo la “riforma” è in atto. Da essa dipenderanno anche i criteri di distribuzione delle risorse del Fus. Che vengono distribuite, ed ancora di più lo saranno in futuro, con una forte tendenza a consolidare la ”spesa storica”. Se il nostro Stabile non conseguisse lo status di Teatro Nazionale ne risulterebbe ulteriormente penalizzato.
    Non è solo una questione di orgoglio per la nostra storia e per il nostro presente. Legittimi, credo. Bisogna evitare l’approfondirsi del divario. Non possiamo supplire nella nostra realtà al diminuire delle risorse pubbliche con il mercato. Qui la crisi colpisce duro e spinge a tagliare i consumi culturali. Abbiamo meno Stato e meno mercato. Pochissime sponsorizzazzioni. Mentre il ”valore cultura diffuso” è vitale e innovativo.
    Con realismo e date le mie responsabilità non posso che dirle che considero la convergenza di tutti su questo obiettivo indispensabile. Ciò non può certo precludere spazi al dibattito critico su strategie e scelte artistiche. Che, le garantisco, seguo con doverosa attenzione. La mia esperienza e la mia formazione politica mi hanno insegnato che battersi per ottenere una buona legge può anche non servire a nulla. Ma costituisce in ogni caso un terreno di lotta più avanzato.
    Nino Daniele

  2. Enrico Fiore scrive:

    Innanzitutto, ringrazio moltissimo l’assessore Daniele per il Suo intervento, che mi sembra puntuale, articolato e, particolarmente, scevro dai trionfalismi di comodo che, purtroppo, a Napoli continuano ad imperversare. E mi auguro anch’io di poterlo incontrare per discutere più a fondo dei numerosi e complessi problemi che nella nostra città sono sul tappeto del teatro e, in generale, della cultura. Ma ripeto, “la nostra storia” non deve costituire un alibi per nascondere sotto quel tappeto la proverbiale polvere di un “presente” che – mi permetto di affermarlo sulla base dei cinquant’anni di attività professionale come critico assolutamente libero da interessi personali nel settore – offre al momento pochi motivi di “orgoglio”. Lo diceva ai suoi tempi già Eduardo De Filippo, con il quale ebbi un rapporto diretto per me assai lusinghiero.
    Grazie ancora, assessore, e tanti cordiali saluti.
    Enrico Fiore

  3. Antonella Morea scrive:

    «Egregio dottor Fiore,
    vorrei raccontarle una storia. Lei mi conosce e sa che da circa quarant’anni io svolgo la mia professione con onore e una stima guadagnata esclusivamente sul campo, senza appartenere a gruppi o a parrocchie, senza essere parente di questo o di quello, ma lavorando con registi importanti e partecipando a spettacoli che hanno fatto storia.
    Ciò premesso, accade che nel mese di marzo il Napoli Teatro Festival Italia pubblichi sul suo sito un bando (pubblico) per l’individuazione e l’audizione di 9 (nove) attori professionisti (6 uomini e 3 donne) di età diverse: rispettivamente, gli uomini dai 23 ai 70 anni (si specificava anche il tipo di ruolo) e le donne dai 20 ai 70 anni (una ragazza di 20 anni, una donna piacente sui 50-60 e una caratterista tra i 60-70). I prescelti avrebbero partecipato all’allestimento di un testo di Eduardo De Filippo («Il sindaco del Rione Sanità») con la regia di Marco Sciaccaluga, prodotto dallo stesso Napoli Teatro Festival Italia, dallo Stabile di Genova e dallo Stabile di Napoli, da rappresentare al Festival e successivamente nella stagione 2014-2015.
    I documenti richiesti erano: 2 foto, il curriculum, la dichiarazione di disponibilità, il numero di matricola dell’Enpals, la domanda di ammissione al provino e un video di presentazione di tre minuti. Se uno solo di questi documenti fosse mancato, la domanda sarebbe stata invalidata.
    Naturalmente abbiamo partecipato in massa e prodotto i documenti richiesti. Dopo un po’ di tempo è stata pubblicata (sempre sul sito del Napoli Teatro Festival Italia) una lista dei preselezionati. E in quella lista, insieme con tanti colleghi, c’ero anch’io!
    Una signorina ci telefona e ci convoca per uno dei tre giorni in cui Sciaccaluga poteva essere a Napoli per fare i provini (1, 2, 3 aprile). Prendo un appuntamento e (a mie spese, come da bando) prenoto un aereo per Napoli da Trieste, dove in quei giorni ero a recitare con Carlo Buccirosso. Il provino prevedeva due brevi monologhi, uno in italiano e uno in napoletano, preferibilmente di Eduardo. Io entro e mi accorgo che Sciaccaluga prendeva visione del curriculum solo in quel momento!
    Comunque, salgo in palcoscenico e recito i due monologhi. Lui me ne chiede un terzo… un quarto… un quinto…!? Basta, ci salutiamo cordialmente e resto in attesa di una risposta.
    Tre giorni dopo i miei colleghi ricevono una mail in cui era scritto che purtroppo non avevano superato il provino. Io questa mail non la ricevo … Che cosa avrebbe pensato lei? Io ho pensato che forse ce l’avevo fatta. Ma passano i giorni… e niente, nessuna buona nuova.
    A Napoli diciamo: “Comme se sanno ‘e fatte? Cu ‘e ‘nciucie!”. E allora ho chiamato un amico che è sempre abbastanza informato e lui mi ha fatto i nomi delle persone che addirittura già avevano firmato per lo spettacolo. Naturalmente, m’interessai sopratutto alle donne. Ma vado a guardare nella lista dei preselezionati… e non ci sono!….
    Adesso, quindi, mi chiedo per quale motivo questi signori convocano attori di chiara fama per “provinarli” inutilmente quando hanno già deciso chi deve esserci… Perché in quella lista, caro dottor Fiore, c’erano persone come Tullio Del Matto, Tonino Taiuti , Antonella Cioli, Lucianna De Falco, Gea Martire e chi più ne ha più ne metta…
    Chi credono di prendere in giro? D’accordo, i provini servono per avere sovvenzioni. Ma allora fateli per bene, non scivolate sulla classica buccia di banana. In quella lista dovevano metterci anche le due attrici che non rientravano fra i preselezionati e che, invece, adesso faranno lo spettacolo! E se tutte le persone citate non erano piaciute ed erano stati costretti a chiamarne altre, anche questo (pure se non posso credere che sia andata così) dovevano pubblicare sul sito del Napoli Teatro Festival Italia.
    Ecco la storia, caro dottor Fiore. E tutto questo per avere una scrittura invernale e per avere l’opportunità di recitare almeno una volta al fianco di un attore del livello di Eros Pagni: un attore vero, di quelli che, ormai, costituiscono una razza in via di estinzione. La ringrazio e la saluto».
    Antonella Morea

  4. Enrico Fiore scrive:

    Una spiegazione da parte dei responsabili del Napoli Teatro Festival Italia è auspicabile. Per quanto mi riguarda, anche in questa circostanza confermo ad Antonella Morea tutta la mia stima.
    Enrico Fiore

  5. Roberto Giordano scrive:

    «Gentile Dott. Fiore,
    sento il dovere di lasciare anche io un commento circa i provini del Napoli Teatro Festival Italia.
    Sicuramente non ho la storia artistica di Antonella Morea (che stimo molto), ma qualcosina dal mio curriculum si evince… non ultimo, l’aver lavorato due anni fa con lo Stabile di Palermo nello spettacolo “Natale in casa Cupiello” (interpretavo il ruolo di Nennillo/Tommasino) da lei visto a Torino al debutto nazionale.
    L’anno scorso il Napoli Teatro Festival Italia pubblicava il seguente bando:
    – In occasione della prossima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, che si terrà nella città di Napoli dal 6 al 23 giugno 2013, la Fondazione Campania dei Festival, in coproduzione con Teatro di Roma e Teatro Stabile di Napoli, produrrà lo spettacolo teatrale “Circo equestre Sgueglia” di Raffaele Viviani, per la regia di Alfredo Arias.
    – Sono ammessi alla preselezione gli attori e le attrici professionisti che produrranno entro e non oltre il 30.01.2013 la domanda di candidatura che dovrà comprendere:
    1. dichiarazione di disponibilità per il periodo di lavoro indicato;
    2. breve curriculum professionale (inclusivo di dati anagrafici, recapiti telefonici ed e-mail);
    3. numero di matricola ENPALS;
    4. due fotografie in formato jpg: un primo piano e una figura intera;
    3.1 Il presente avviso è finalizzato all’individuazione di attrici e attori, per i seguenti personaggi,
    che rispecchino le caratteristiche e capacità attoriali e professionali, indicate dal regista Alfredo Arias e ivi indicate:
    GIANNINA:
    circa 30 anni, di bell’aspetto, seducente, fisico atletico e muscoloso, conoscenza del dialetto napoletano
    GIANNETTO:
    circa 35 anni, alto, di bell’aspetto, dandy, conoscenza dell’accento toscano
    ROBERTO:
    circa 35 anni, di bell’aspetto, seducente con un lato un po’ tenebroso, conoscenza del dialetto napoletano
    NICOLINA:
    circa 20 anni, sexy e seducente, alta, magra, prosperosa, conoscenza del dialetto napoletano

    Invio tutto ciò che occorre per le selezioni, ma non vengo nemmeno selezionato per i provini (nel mio curriculum risultano tra l’altro 4 Viviani con registi e attori autorevoli).
    Siccome sono molto ingenuo, vorrei chiedere al Napoli Teatro Festival Italia:
    – come mai i ruoli per cui si cercavano attori e attrici sono stati solo 4 e non 23, come appunto risultano nella commedia in questione?
    – quali criteri vengono adottati per le selezioni? E soprattutto, i curriculum vengono realmente visionati dai registi?
    Mi sembra inconcepibile e assurdo che a tanti come me, che pur hanno un curriculum di un certo spessore, non venga data la possibilità di “fare un provino”!
    Cordialmente».
    Roberto Giordano
    «p.s.: anche quest’anno ho presentato la mia domandina per essere provinato per “Il sindaco del rione Sanità” di Eduardo De Filippo…ma anche questa volta non sono stato “nominato” per i provini».

  6. Enrico Fiore scrive:

    Anche per il commento inviato da Roberto Giordano vale la risposta che ho dato a quello inviato da Antonella Morea: una spiegazione da parte dei responsabili del Napoli Teatro Festival Italia è auspicabile.
    Enrico Fiore

  7. Renato Rizzardi scrive:

    Ieri sera, nello speciale di Rai2 dedicato a Massimo Troisi, l’attore Enzo Decaro ha fatto “nomi e cognomi” indicando il dottor Enrico Fiore quale promotore del percorso, di successo, de La Smorfia, grazie ad una indicazione contenuta in un suo articolo. Mi ha fatto molto piacere, soprattutto per il fatto che Decaro l’abbia ricordato e reso pubblico. Non accade spesso. Cordialità.

  8. Enrico Fiore scrive:

    Non mi resta che ringraziare Renato Rizzardi per la segnalazione ed Enzo Decaro per aver ricordato ancora una volta la mia testimonianza di critico relativa agli esordi suoi, di Massimo Troisi e di Lello Arena. Sono simili attestati che mi spingono a non disperare del tutto, nel deserto culturale che oggi ci circonda.
    Enrico Fiore

23 risposte a Spazio aperto

  1. Fulvio Arrichiello scrive:

    Buongiorno,
    leggo sempre con molto piacere i suoi articoli.
    Le segnalo, ma in netto ritardo rispetto al cartellone, lo spettacolo di Roberto Latini “I giganti della montagna” andato in scena alla Sala Ichos da venerdì 5 a domenica 7 dicembre 2014, in quel di San Giovanni a Teduccio, Napoli. Spettacolo che poi ha vinto il premio Ubu nella categoria “miglior attore”.
    In quell’occasione ho rivisto il segno di de Berardinis.
    Cordialmente,
    Fulvio Arrichiello.

    ps: il link http://www.ichoszoeteatro.it/2014-2015_3.php

  2. Enrico Fiore scrive:

    La ringrazio per la fedeltà che mi riserva. E Le raccomando, naturalmente, di segnalarmi per tempo gli spettacoli futuri che si annuncino o dimostrino interessanti.
    Cordiali saluti.
    Enrico Fiore

  3. Sasà Ferrari scrive:

    Ciao Enrico,
    due parole per la giornata a Roma di domenica 19 aprile: un’esperienza emozionante vedere questa “Carmen” all’Argentina con un Teatro in “overbooking”.
    Sala Ferrari ha organizzato la giornata a Roma accompagnando
    52 persone con un autobus da Napoli, dato che lo spettacolo
    approderà a Napoli solo durante la prossima stagione,
    sempre che non nascano altre diatribe tra teatro pubblico e privato
    per la scelta dello spazio per la messa in scena del testo di Enzo Moscato
    con l’intelligente regia di Mario Martone.
    Ci sembrava doveroso comunicare su “Controscena”,
    dove abbiamo letto la tua bella recensione, il successo
    di questo evento.
    Sasà Ferrari

  4. Carlo Cerciello scrive:

    Ricevo da Carlo Cerciello la seguente riflessione, che pubblico volentieri e che non ha bisogno di commenti.
    Enrico Fiore

    «Caro Enrico,
    le delusioni non finiscono mai. E’ uscito il bando per la sedicente neonata SCUOLA DEL TEATRO STABILE DI NAPOLI diretta da Luca De Filippo. Mi permetto una brevissima riflessione:
    LA FORMAZIONE TEATRALE PUBBLICA, SECONDO LEO DE BERARDINIS:
    “…un luogo per la ricerca sullo studio dei linguaggi non solo teatrali, ma sull’arte dal vivo in generale, che possa tendere a riunire le varie arti sceniche, un luogo che rilanci il teatro e la cultura non come mezzi di potere o di consenso, o come sottoprodotti, ma come necessità primaria in un contesto di rinnovato stato sociale, un centro di aggregazione e di confronto sulla cultura teatrale”….. Leo De Berardinis
    LA FORMAZIONE TEATRALE PUBBLICA, SECONDO LUCA DE FUSCO:
    – n. 2 fotografie recenti (una in primo piano e una a figura intera), in formato jpg,
    per un massimo di 1 mb
    – curriculum vitae
    – riflessione sul ruolo e la funzione del teatro nella cultura moderna (massimo una
    cartella /1800 battute)….
    E qui si apre una considerazione doverosa: COSA C’ENTRA DE FUSCO CON LA FUNZIONE DEL TEATRO NELLA CULTURA MODERNA? O PIUTTOSTO QUESTA RICHIESTA RIFLESSIONE SIGNIFICA SOLO “VEDIAMO COME LA PENSI E SE NON MI PIACI TI CANCELLO?”
    – ricevuta di versamento della quota di iscrizione (la quota di iscrizione alle selezioni è di € 50,00)
    E, dulcis in fundo, dopo una selezione divisa in due sessioni e tre prove:
    – i candidati ammessi verseranno una quota di iscrizione e frequenza annuale di € 500,00 (cinquecento/00) a mezzo bonifico bancario intestato a:
    Associazione Teatro Stabile della Città di Napoli.
    IL TEATRO STABILE DI NAPOLI, COME TEATRO NAZIONALE PRENDE UN CONTRIBUTO PAGATO DAI CONTRIBUENTI ITALIANI DI € 1.196.672,00.
    Qui sotto il bando:
    http://www.teatrostabilenapoli.it/ckfinder/userfiles/files/Avviso%20selezione%20ammissione%20scuola(1).pdf».
    Carlo Cerciello

  5. Carlo Cerciello scrive:

    Il Teatro Elicantropo compie 20 anni e il Ministero gli fa la “festa”.

    Quando nel 2007, dopo 11 anni di attività, l’onnipresente Salvatore Nastasi, allora, a soli 34 anni, già direttore generale del settore spettacolo del Ministero, ci concesse il primo contributo, allora di 10.000 euro, per la nostra meritoria attività teatrale, mi ricordo che Franco Quadri mi disse un po’ acido, con parole che recitavano più o meno così: “Non capisco la contentezza di voi teatranti per queste elemosine ministeriali, ti ci voleva il Ministero per scoprire che siete bravi? Ma che te ne frega di sto‘ Ministero?”
    Chissà che mi direbbe oggi, Franco, dinanzi al fatto che, al traguardo dei 20 anni di attività, lo stesso quarantaduenne Nastasi, dopo 8 anni di contributi, abbia deciso di cancellarci ministerialmente, coadiuvato dai valenti “esperti” che si sono prestati al suo gioco preferito, l’esercizio del potere.
    “Te l’avevo detto, che a questi signori non gliene frega niente di te e di quello che fai all’Elicantropo, eri un numero e un numero si cancella facilmente”, forse mi avrebbe detto così, non senza aggiungere qualche commento sarcastico all’indirizzo dei valenti esperti della commissione giudicatrice.
    Aveva ragione Franco, anche se io, io ci tenevo a quel riconoscimento di appena 4500 euro annui, che mi illudevo fosse concesso, per davvero, in base alla valutazione qualitativa del nostro lavoro.
    Sono un emerito coglione! E lo sono ancora di più perché me la sono presa, perché non ci dormo la notte, perché continuo a chiedermi dove ho sbagliato.
    Com’è possibile cancellare con un tratto di penna 20 anni di storia, di resistenza teatrale alla demolizione culturale lenta e costante, portata avanti da chi affermava che con la cultura non si mangia, di lotte per l’affermazione di un’idea di teatro rituale, partecipativo, solidale, autoriale, civile, sociale, politico, anni dedicati alla formazione di attori consapevoli del loro ruolo, della loro responsabilità in scena e fuori scena, perché il teatro non si limiti alle tavole di un palcoscenico, perché il teatro invada le strade della nostra vita, i nostri sogni e ci preservi dal dolore e dalla frustrazione di un narcisismo fine a se stesso, dalla autoreferenzialità e dalla egolatria oggi più che mai, ridicole e prive di senso.
    In un Paese normale, io potrei incontrarlo questo mega superdotato e rampante quarantaduenne, per chiedergli perché. Per chiedergli dove ho sbagliato stavolta e cos’è cambiato nel nostro lavoro che oggi, secondo questo nuovo decreto ministeriale, non va più bene.
    Qui in Italia, invece, non è possibile un incontro umano con un simile marziano, dovrò, dunque, imbrattare altre carte e ricevere le laconiche solite risposte che il potere riserva in questi casi ai suoi questuanti.
    Se lo potessi incontrare gli chiederei:
    “Mi scusi direttore, perché ha cancellato quel topolino tra i pachidermi dell’imprenditoria teatrale italiana che era l’Associazione Culturale Teatro Elicantropo Anonima Romanzi?
    A chi doveva destinarli quei 4500 euro che lei stesso ci aveva concesso per 7 anni?
    Quei 4500 euro erano “SIMBOLICI” prima e sarebbero stati “SIMBOLICI” oggi, di quella “qualità” del lavoro di cui tanto si parla nella legge dei suoi eminenti e illustrissimi “esperti”, perché, dunque, cancellare cinicamente un “SIMBOLO”?
    E poi eccellenza illustrissima, me lo hanno consigliato i suoi funzionari ministeriali di far domanda per l’art 43, cosiddetto per la formazione del pubblico, perché, dunque, prendersi la briga di telefonarmi a casa se avevate deciso di cancellarmi, per prendermi ulteriormente in giro?
    Se volevate farmi fuori mi lasciavate in balia del vostro decreto, perché indicarmi una boa di salvataggio?
    Mettiamo pure che avessi fatto qualche errore nel rispondere ai vostri 10 punti, l’art 43 lo avete inventato ora, dunque, è come se mi aveste richiesto di presentare una prima istanza di contributo e non le pare strano richiedere a qualcuno di presentare una prima istanza, qualcuno che si conosce già e al quale si dice di stimarlo, per poi cancellarlo a tradimento?
    Certo che troppe cose non quadrano in questo gesto che ha tutto il sapore del cinismo politico più spietato e insensato. Né posso pensare di stare sul cazzo a qualcuno, al punto di consumare una piccola e meschina vendetta nei miei confronti, mi sentirei lusingato da tanto mancato apprezzamento, ma sono certo di contare meno di niente per Salvatore e i suoi compagni di decreto.
    Ma insomma, uno che deve fare in questo cazzo di Paese per avere un minimo di ascolto, per non essere considerato un file, per essere rispettato come uomo e come lavoratore?
    Se Nastasi Salvatore si degnasse di ricevermi e di darmi una spiegazione umana, senza ambiguità e veli, io troverei almeno conforto a questa ferita lacero contusa alla mia dignità.
    Ma Salvatore non mi riceverà, ha altro da fare, con la sua fresca papabilità all’ulteriore carica di sottosegretario a Palazzo Chigi e io non dormirò neanche stanotte, o magari sognerò di incontrarlo il nostro “cancellatore” ministeriale e tutte queste cose gliele chiederò, almeno lì, e almeno lì, spero di avere una risposta.
    Ciao, Enrico.
    Carlo Cerciello

  6. Marco Mario de Notaris scrive:

    Dall’autore, regista e attore Marco Mario de Notaris ricevo la nota seguente, che mi sembra interessante e che volentieri pubblico (e.f.)

    New York. La Grande Mela. Il mito di Broadway. Il mito di Pacino.

    Con mia moglie siamo andati al mitico Schoenfeld Theatre, a pochi passi dall’Actor’s Studio, ad ammirare l’arte di Pacino in un testo inedito del grande David Mamet: “China Doll”.
    Per una maggiore comprensione del testo abbiamo acquistato il libretto presso il teatro e il giorno prima lo abbiamo letto. La storia è molto semplice: Mickey Ross (Pacino) sta aspettando la consegna del suo nuovo jet privato, col quale partirà per Londra, assieme alla sua giovane e bella fidanzata, per poter vivere “con semplicità” in Europa.
    Le cose si complicano per un atterraggio imprevisto del jet a Toronto e per un equivoco sull’immatricolazione dello stesso. Anziché una targa svizzera il jet ha una targa degli Stati Uniti. Al telefono dal suo studio, assistito dal suo segretario Carson, un giovane ansioso di apprendere i segreti di Wall Street, Ross cerca di capire chi e perché ha posto la targa statunitense sul jet, targa che mette Ross nei guai per motivi fiscali. Una vecchia storia di ricatti con il padre dell’attuale governatore dello Stato scatena la vendetta di quest’ultimo, che incastra Ross per cospirazione ed evasione fiscale. Il giovane Carson recupera i documenti che furono la vera causa della ricchezza di Ross, ma anziché consegnare il faldone al suo capo per estorcere la concessione di volo al governatore, ricatta a sua volta Ross per timore di finire in galera. Il finale è cupo e forse Ross verrà preso.
    Pacino (che ha preteso 7 giorni di rinvio al debutto), in accordo con autore e regista, ha modificato il finale, un delitto senza castigo, e ha trasformato il cupo anziano milionario in un mattatore dall’inesauribile energia che dispensa motti e massime e schizza da una parte all’altra del suo magnifico attico mentre telefona ai suoi avvocati e alla sua fidanzata. Un monologo di due ore, in cui Pacino si agita , si contorce, e sembra non recitare. Vive, e quella vita, quel personaggio, ci paiono reali più della realtà. Un realismo mai sciatto, anzi, preziosamente teatrale.
    Rispetto al teatro nostrano tante differenze.
    Luci “piatte”, le famose “americane”. Scena iperrealista. Voce fino all’ultimo angolo del teatro senza amplificazioni (non è raro vedere i nostri divi microfonati) e senza “spinta” esibita.
    Accoglienza spettacolare, gentilezza e simpatia tali da fare del direttore di sala un’attrazione a sua volta. Silenzio totale. Rispetto e ascolto. E tante tantissime risate. Alla fine applausi senza chiamata, e dopo la chiusura del sipario tutti in strada a incontrare Pacino, che come tutti i divi regala al pubblico almeno mezz’ora di chiacchiere, autografi, selfie e brevi scambi di opinioni sullo spettacolo.
    Il prezzo? Dai 50 ai 200 dollari. E tutta Broadway è così. Gli spettacoli “off” arrivano a 45 dollari al massimo, ma la prosa costa. E questi prezzi fanno il mercato. E il mercato non si satura. Pacino non costa quanto un debuttante, altrimenti il debuttante che debutta a fare?
    In sala anziché prolisse note di regia, un libretto con tutti i nomi dei collaboratori, dal macchinista all’autore, corredato dai curriculum di ciascuna figura.
    Nient’altro, ma cos’altro si può desiderare?
    “China Doll” verrà ripreso da Eros Pagni con la regia di Massimo D’Alatri. Sono molto curioso.
    Marco Mario de Notaris

  7. Martina Esposito scrive:

    Gentile Professore,
    scrivo per conto della DBM Produzioni Musicali.
    Intendiamo sottoporre alla sua cortese attenzione l’uscita sul mercato nazionale del CD “Caffellatte, paillettes e altre storie…” Vol. I, dedicato alla tradizione della commedia musicale della celeberrima coppia di autori, registi e produttori Pietro Garinei e Sandro Giovannini.
    Il disco ripropone al grande pubblico alcuni dei più bei brani musicali scritti per le commedie della ditta G&G da autori quali Armando Trovajoli, Bruno Canfora, Gorni Kramer e Franco Pisano. Il tutto riarrangiato e rifinito non soltanto per un pubblico di nostalgici ma anche per le nuove generazioni che per questioni anagrafiche non hanno avuto il piacere di conoscere direttamente il teatro di Garinei e Giovannini con sue melodie immortali.
    Il CD racchiude undici brani tratti dalle seguenti commedie musicali: “Aggiungi un posto a tavola”, “Rugantino”, “Accendiamo la lampada”, “Un paio d’ali”, “Viola, violino e viola d’amore”, “Angeli in bandiera” e “Felicibumta”.
    I brani sono stati arrangiati e orchestrati dal M° Fabio Dolci, che ha inoltre prestato la sua voce ad alcuni di essi.
    Le altre voci sono di Lidia Malgieri, attrice e cantante di livello internazionale (ha partecipato al tour mondiale del musical “I dieci Comandamenti”), del cantante e attore Max Pasquarelli, della bravissima e giovanissima Silvia Dragonieri e infine di Riziero Bixio, direttore artistico dell’opera, che ha cantato il brano “Caffellatte e paillettes” che dà il titolo al disco.
    La sottoscritta, dott.ssa Martina Esposito dell’Università di Roma Tor Vergata, ha redatto la prefazione del CD e curato tutti i testi del booklet. La presentazione ufficiale del disco si terrà presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Tor Vergata, con l’intervento di docenti di teatro e musicologia e del Pro Rettore alla Cultura dell’Ateneo, Prof. Rino Caputo.
    Ci terremmo, se fosse possibile, a una sua recensione. Ci faccia sapere se l’argomento Le interessa.
    Distinti saluti.
    Martina Esposito

  8. Enrico Fiore scrive:

    Gentile Dottoressa,
    certo che sono interessato all’argomento: ho intrattenuto con Pietro Garinei un legame che andava al di là del rapporto critico-teatrante, per attestarsi sul terreno di un’amicizia che si nutriva di stima reciproca. Mi mandi pure una copia del CD (il mio indirizzo è via Cesario Console 3, 80132 Napoli) e, peraltro, mi ritenga a Sua disposizione ove mai occorresse un mio intervento alla presentazione del disco.
    Con i più cordiali saluti,
    Enrico Fiore

  9. Francesco Canessa scrive:

    Francesco Canessa mi manda un altro suo intervento nell’ambito della crociata che va conducendo contro le esagerazioni del cosiddetto «teatro di regia». Stavolta si tratta della Scala. Ed ecco quanto scrive. (E.F.)

    «Caro Fiore,
    ho visto a Milano «La Fanciulla del West» diretta alla Scala dal suo nuovo responsabile musicale Riccardo Chailly. E poiché essa è stata ora trasmessa su Rai5, il canale di rifugio che il canone fortunatamente ci offre per sfuggire alla TV spazzatura, molti appassionati anche delle nostre parti se ne saranno fatti una idea. Vorrei che tu mi lasciassi esprimere la mia, anche per ritornare sul discorso del «teatro di regia» avviato con il racconto dell’ «aborto di Lucia» al Covent Garden di Londra, che mi hai cortesemente pubblicato.
    Alla Scala è tornato per quest’opera – la meno amata tra quelle di Puccini – un altro top-player del settore, il canadese Robert Carsen.
    «La Fanciulla del West» nasce per commissione del Metropolitan di New York nel 1910, quando il maggior Teatro d’America era in mani italiane: Gatti Casazza general manager, Arturo Toscanini direttore musicale, primo violino di spalla Gino Nastrucci, tutti e tre strappati a suon di dollari alla Scala di Milano, e il palcoscenico dominato da una terna di napoletani doc: Enrico Caruso, Antonio Scotti e Pasquale Amato, questi ultimi due esponenti d’eccellenza nella corda di baritono. E che sarebbero stati presto raggiunti da una primadonna soprano, Rosa Ponselle, il cui vero cognome era Ponzillo, essendo i genitori immigrati a New York da Caiazzo, nell’alto Matese. E a Puccini venne chiesto qualcosa che sottolineasse questa presenza e facesse da gemellaggio culturale, mettendo in musica «all’italiana» un prodotto americano, un vero e proprio western che furoreggiava in prosa a Broadway: «The Girl of Golden West » di David Belasco.
    Puccini era rimasto sempre al di fuori della coeva corrente del Verismo, che aveva ne «I Pagliacci» di Leoncavallo un titolo amatissimo dal pubblico americano, aiutato dal sorprendente successo discografico di Caruso che col suo «Ridi Pagliaccio» aveva raggiunto la vendita record di un milione di dischi. Accettando la commissione e il suo ricco compenso, il maestro di Lucca fece per la prima ed unica volta eccezione a se stesso, scrivendo anche lui un’opera verista. Non si sarebbe potuto descrivere diversamente dall’aderenza al vero il saloon di un paese californiano gestito da una donna e pieno di cow-boys e cercatori d’oro che bevono, si insultano e giocano a carte. E meno che mai una «scena madre» come quella che chiude il secondo atto: una partita a poker tra lo sceriffo e Minnie, la proprietaria del saloon, dopo che dal solaio sono cadute gocce di sangue del bandito ferito che vi era nascosto e che costituisce la posta in gioco tra i due.
    Qui anche il più innovativo dei registi non può sottrarsi al descrittivismo, la partita a poker sta nel libretto e le emozioni nella musica: «Fante- Regina- Tre assi e un paio» battono e ribattono in un crescente recitativo drammatico i giocatori; né può ignorare i maneggi della donna per sostituire le carte e barare, tutto raccontato nel testo e nella musica. Ma Carson, senza dar scandalo, qualcosa pure riesce a fare, per confondere l’identità di un’opera così attentamente disegnata dall’autore: veste tutti – minatori, cow-boys, sceriffo, bandito – da gentiluomini di provincia d’inizio Novecento, doppiopetto e cravatta, cappotti scuri, lobbia sulla testa.
    L’unità aristotelica luogo – tempo – azione, messa fuori moda dal «teatro di regia», risulta qui indicata nel frontespizio del libretto: «Ai piedi delle Cloudy Mountains, California, un campo di minatori nei giorni della febbre dell’oro, 1849-1850 ». Il regista la sposta agli anni del compositore – salto in avanti divenuto banale, tanto reiterato appare sui palcoscenici d’oggi – sino a concluderla a New York, su un marciapiede di Broadway, dinanzi all’ingresso di un teatro illuminato da una vistosa insegna al neon che annuncia lo spettacolo: «The Girl of Golden West». E nel terzo atto il luogo dovrebbe essere una foresta dove si appronta una forca per appendervi il bandito appena catturato: Ma dopo un inseguimento a cavallo proiettato sul fondale e tratto da un vecchio film del genere, lo schermo si trasforma nel citato ingresso del teatro con tanto di insegne luminose. E di lì uscirà Minnie – autentico deux ex machina del vecchio teatro barocco – che chiede ed ottiene grazia per il condannato.
    Spostato ancora in avanti il tempo alla primavera di Hollywood, lei è diventata una starlette tipo Ginger Rogers e il bandito un Fred Astaire piuttosto ingrassato causa la stazza tenorile. La prende sotto braccio e se ne vanno insieme in quinta cantando «Addio mia California» mentre gli ex minatori diventati il pubblico appena uscito dal teatro aggiungono quel sussurrato «Mai, mai…» con cui Puccini termina in un inusitato «pianissimo» la sua opera. Che non è il best seller dell’autore proprio per il suo starsene fuori dal clima musicale e drammatico che lo distingue. E non riesco immaginare dove sia l’apporto del regista alla sua riscoperta o alla sua valorizzazione.
    Anche perché la musica, come nel caso della «Lucia» di Londra, va per la sua strada addirittura con proposte di natura filologia, lì l’uso della glassarmonica, qui il ripristino di talune parti corrette da Toscanini per la prima rappresentazione e rimaste nella partitura a stampa. Scrupolo opinabile, visto che per la principale di quelle correzioni fu lo stesso Puccini a volerla: «Carissimo Arturo – si legge in una lettera del compositore – aspetto l’accomodo all’aria del tenore atto secondo perché urge fare l’edizione. Anche io ho fatto una correzione, ma non so se sarà eguale alla tua: la tua ha già superato la prova del fuoco». Nel mondo dell’opera è andata in desuetudine anche una massima di Gustav Mahler: «La tradizione non vuol dire culto delle ceneri, ma custodia del fuoco!».
    Francesco Canessa

    P.S. Nella trasmissione radiofonica “La Barcaccia”, Andrea Merli, il simpatico melomane a tempo pieno che vi tiene una aggiornatissima rubrica, ha indirettamente corretto la mia similitudine sul protagonista (“un Fred Astaire piuttosto ingrassato”). Il modello scelto da Carsen sarebbe invece Enrico Caruso, quale segno di omaggio al primo interprete dell’opera. Merli – detto anche “L’impiccione viaggiatore” – è persona ben informata dei fatti, ed i registi d’oggi sono capaci di far questo ed altro.

  10. Susanna Poole scrive:

    Caro Enrico,
    come stai? Ti scrivo qui perché non ho trovato un altro contatto e ho cambiato il cellulare da quando nel 2013 venisti a vedere il nostro spettacolo “Centoporte” a Pietrarsa. Ci teniamo molto a che tu venga a vedere il nostro ultimo lavoro, “Il vecchio fango”. Come forse saprai, siamo al Napoli Teatro Festival Italia, presso la chiesa di Donnaregina Vecchia, tutte le sere fino al 14 luglio e tranne l’8 luglio.
    La nostra ricerca sta andando avanti. Lo spettacolo è molto forte nei confronti del pubblico, e noi siamo felici nonostante un po’ di disguidi organizzativi con il Festival che non sto qui a raccontare… I tuoi franchi commenti sono preziosi (a prescindere se vengano pubblicati o meno su un giornale) perché possono illuminare aspetti del lavoro a volte non emersi ancora con chiarezza o dare indicazioni per uno sviluppo possibile.
    Allora, ti aspettiamo.
    Fammi sapere.
    Susanna Poole e la compagnia TdS Rosa Pristina

  11. Enrico Fiore scrive:

    Cara Susanna,
    farò tutto il possibile, nonostante i mille impegni che mi sta scaricando addosso questo Festival, per venire a vedere il vostro spettacolo. E intanto vi ringrazio della stima che mi manifestate.
    Cordiali saluti.
    Enrico Fiore

  12. Fulvio Arrichiello scrive:

    Buongiorno,
    ma secondo Lei, Roberto Latini col suo “Ubu Roi” riusciremo a vederlo a Napoli? E’ stato a Roma, sarà a Milano a ottobre, a Firenze a novembre. Nessun teatro di Napoli è interessato?
    Cordialmente,
    Fulvio Arrichiello

  13. Enrico Fiore scrive:

    Purtroppo la Sua domanda ce la poniamo, e da tempo immemorabile, anche a proposito di moltissimi altri spettacoli. E poi ci sono i famigerati imbonitori in servizio permanente effettivo che insistono a blaterare che Napoli è la capitale del teatro…
    Le ricambio i saluti, con altrettanta cordialità.
    Enrico Fiore

  14. Fulvio Arrichiello scrive:

    Grazie per la risposta.
    Non voglio annoiarLa, ma è tanto che cerco una notizia riguardo a uno spettacolo che Carmelo Bene tenne a Napoli, alla Mostra D’Oltremare, negli anni 90. Probabilmente si tratta di “Hamlet suite”: uno spettacolo che mi piacque molto pur essendo io giovane (allora) e non capendo di teatro che poco o nulla. Comunque, la figura di Carmelo Bene mi affascinava già da quand’ero piccolo. E ricordo le incursioni insieme con Lydia Mancinelli nella “Domenica In” di Corrado…
    In scena, in quello spettacolo, c’erano Carmelo Bene e un’attrice, credo seduti su un letto. E risaltavano l’amplificazione e l’utilizzo dell’asincrono.
    Per caso Lei lo vide?
    E’ da tempo che cerco su Internet qualcosa che confermi quanto dico, a meno che non lo abbia sognato.
    Cordiali saluti,
    Fulvio Arrichiello

  15. Enrico Fiore scrive:

    No, caro Fulvio, non lo ha sognato. Si tratta proprio di “Hamlet suite”, uno spettacolo, ispirato a Laforgue, che Carmelo Bene diede alla Mostra d’Oltremare, nell’ambito della manifestazione “Futuro Remoto”, a partire dal giorno di Natale del 1995. L’attrice che compariva in scena con lui era Monica Chiarabelli. E certo che lo vidi, quello spettacolo: a dire della cui importanza basta il titolo che diedi alla mia recensione, “Un principe ai funerali del linguaggio”.
    Spero di averLe risposto esaurientemente. E colgo l’occasione per rinnovarLe i saluti con immutata cordialità.
    Enrico Fiore

  16. Raffaele Di Florio scrive:

    Gentile Enrico,
    mi farebbe piacere e, sopratutto, sarei onorato di averla tra gli ospiti al Teatro Sannazaro, il 20 gennaio prossimo.
    Per l’occasione presenteremo un “progetto musicale” dal titolo “SONO SOLO SUONO” con Ciccio Merolla, percussionista e cantante partenopeo.
    E’ un lavoro che si è sviluppato seguendo l’intento di proporre, attraverso “i suoni”, uno sguardo sul contemporaneo. Il mondo musicale proposto da Merolla prende spunto dalle vicende di Darrell Standing (personaggio di Jack London de “Il Vagabondo delle Stelle”) e da cronache quotidiane e autobiografiche.
    “SONO SOLO SUONO” è il racconto in musica di una giornata “tipo” in un penitenziario: sveglia, toilette, colazione, ora d’aria, laboratorio, isolamento, aspettativa, sogno… un domicilio coatto che pone il nostro protagonista in uno stadio di alienazione, ma anche di “disperata vitalità”.
    Questa si sostanzia in una partitura di gesti e suoni, che animano uno spazio scenico costituito su due livelli: il primo livello, il “basso”, rappresenta la quotidiana concretezza della cella; il secondo livello, “l’alto” è il luogo dell’onirico, delle apparizioni, dei sogni, del possibile… della libertà.
    Cordialmente,
    Raffaele Di Florio

  17. Enrico Fiore scrive:

    Gentile Raffaele,
    grazie dell’invito. Farò il possibile per esserci.
    Enrico Fiore

  18. Raffaele Mastroianni scrive:

    Napoli Teatro Festival Italia.
    Spettacolo del bravo Ascanio Celestini tutto esaurito, la domanda di biglietti di gran lunga superiore all’offerta, apparentemente un gran successo.
    Sono lecite, però, alcune perplessità.
    Ha un senso svendere i biglietti, prezzo medio 4/5 euro, di uno spettacolo richiesto scaricando i costi dello stesso sui fondi pubblici?
    Ha un senso diseducare il pubblico dando il segnale che il teatro non si paga?
    Ha un senso usare il Festival come un’iniziativa di mera propaganda personale senza capire che prezzi dei biglietti come questi uccidono i piccoli spazi, che a 10/15 euro vengono percepiti esosi?
    Celestini è un grande, eppure stenta in stagione a riempire spazi medio-piccoli,tanto che nella stagione scorsa fu eliminata dal cartellone una sua data. Ha un senso regalarlo?
    Il bilancio del Napoli Teatro Festival Italia sarà ricco di numeri altissimi e di esauriti, ma io sarei lieto di conoscere anche l’ammontare degli incassi da biglietti, il costo medio dei biglietti acquistati, il rapporto tra i fondi pubblici impiegati e gli incassi da botteghino.
    I piccoli teatri vanno difesi, il teatro pubblico dovrebbe favorire la diffusione della qualità senza indossare i panni del vampiro.
    Meglio favorire il prezzo degli abbonamenti negli spazi piccoli con un contributo pubblico mirato.
    Il teatro nutre l’animo come il cibo il corpo, bisogna far capire che come le pizze e i panini tocca pagarlo.
    Raffaele Mastroianni.

  19. Enrico Fiore scrive:

    Gentile Signor Mastroianni,
    Lei tocca problemi spinosi, sui quali conto di esprimermi in sede di commento al Festival nel suo complesso.
    Grazie, intanto, per il Suo intervento, ancora una volta puntuale.
    Enrico Fiore

  20. Alfonso Scarinzi scrive:

    Un saluto affettuoso, caro Enrico, da un tuo ventennale ammiratore, del quale non puoi ricordare né il cognome né il volto da quando, giovane collaboratore de “Il Mattino” di Avellino e grande appassionato di prosa, un paio di volte a settimana raggiungevo i teatri napoletani (ricordi il “Corso”, al corso Meridionale?). Da allora è passata tanta acqua sotto i ponti, ma ti seguo sempre, con la speranza di incontrarti e di “ripresentarmi” a te con qualche capello bianco (conto 52 primavere).
    Con i complimenti per la tua splendida iniziativa editoriale e una infinita stima reverenziale, propria di chi apprende dal suo maestro.
    Alfonso Scarinzi

  21. Enrico Fiore scrive:

    Grazie per la stima, caro Alfonso. Spero di continuare a meritarla. E spero ugualmente d’incontrarti presto, io con qualche capello bianco (e, ahimé, qualche primavera) più di te.
    Ti abbraccio.
    Enrico Fiore

  22. Enzo Salomone scrive:

    Caro Enrico,
    oggi mi sono portato sul tuo blog speranzoso di leggere dei “paralipomeni” alla “Grande Bellezza” a cui abbiamo assistito l’altra sera a Pompei.
    Spero accada presto.
    Un abbraccio.
    Enzo Salomone

  23. Enrico Fiore scrive:

    Caro Enzo,
    spero di soddisfare la tua speranza entro la giornata di oggi.
    Nel frattempo, ti ricambio l’abbraccio.
    Enrico Fiore

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