TORINO – Riporto la recensione pubblicata ieri dal «Corriere del Mezzogiorno».
«In Sofocle, sovrumano e subumano si riuniscono e si confondono nello stesso personaggio. E poiché questo personaggio è il modello dell’uomo, scompare ogni limite che permetterebbe di definire la vita umana, di fissare senza equivoco il suo statuto. Quando, alla maniera di Edipo, l’uomo vuole condurre fino in fondo l’inchiesta su ciò che è, si scopre enigmatico, senza consistenza né ambito che gli sia proprio, senza appiglio fisso, senza essenza definita, oscillante fra l’uguale a Dio e l’uguale a nulla. La sua vera grandezza consiste proprio in ciò che esprime la sua natura d’enigma: l’interrogazione».
Non so quante volte l’ho citata, l’acutissima e decisiva analisi di Jean-Pierre Vernant circa il fatidico personaggio sofocleo. Ma stavolta – a proposito dell’allestimento di «Edipo Re» coprodotto dalla Fondazione Teatro Piemonte Europa, dal Teatro di Napoli e da Lugano Arte e Cultura e presentato al Teatro Astra di Torino per la regia del nostro Andrea De Rosa, che di Torino Piemonte Europa è direttore – la cito con convinzione maggiore, per non dire assoluta. Giacché, la faccio breve, lo spettacolo in questione si rivela e si sviluppa, puramente e semplicemente, come la messinscena di quell’analisi.
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