Shylock, uno straniero
con la busta della spesa

Silvio Orlando nei panni di Shylock

Silvio Orlando nei panni di Shylock

«Gli eroi di questa storia non sono degli eroi. Stanno in seconda e terza fila nella vita. La guardano dal tavolino di un bar».
Così nelle sue note Valerio Binasco, regista dell’allestimento de «Il mercante di Venezia» che la Popular Shakespeare Kompany presenta al Bellini. E a proposito di Auden, che definì Shylock «un outsider», aggiunge che «outsider, qui, vuol dire qualcosa di più di diverso. Vuol dire proprio straniero. Estraneo».
Ebbene, credo che non si potesse inquadrare meglio il problema costituito dal testo in questione, troppo a lungo considerato, all’interno del canone shakespeariano, come una semplice commedia.
Shylock – insieme tirannico e amorevole, spietato e tenero, aggressivo e timoroso – è un emblema della vita, in tutta la sua impassibilità e, per l’appunto, in tutte le sue contraddittorie manifestazioni. Sicché il vero dramma agitato da «Il mercante di Venezia» sta nella separazione rispetto alla vita medesima.

Gli antagonisti di Shylock

Gli antagonisti di Shylock

Una separazione di cui è anch’esso un emblema dichiarato il personaggio di Porzia, non a caso colei che, travestita da avvocato, sconfiggerà in tribunale l’usuraio ebreo venuto a reclamare la famosa libbra di carne dal corpo del suo debitore Antonio; e, ancora non a caso, colei che abita a Belmonte, sulla terraferma rispetto a Venezia, e attende solo un marito destinatole dalla sorte: «Io non posso né scegliere colui che vorrei, né rifiutare colui che mi dispiace: tale è la volontà di una figlia viva imbrigliata dall’ultima volontà di un padre morto» (atto I, scena II).
Infatti, proprio sulla separazione, nettissima, si fonda l’intelligente e godibile allestimento di Binasco.
Al complesso degli altri personaggi – un carnevalesco serraglio abitato da perdigiorno votati al bicchiere, oche bamboleggianti, tontoloni da avanspettacolo, piagnucolose ancelle del focolare e tardone vogliose – si contrappone uno Shylock atteggiato come un grigio e stanco travet, che, per esempio, si presenta a Solanio e Salerio con in mano la busta della spesa; e che, a fronte delle varie cadenze dialettali italiche esibite dai suoi interlocutori, si esprime con uno strascicato accento dell’Est.

Il travet Shylock

Il travet Shylock

A questo punto, non so fare a Silvio Orlando elogio migliore del constatare che invera perfettamente quanto Gabriele Baldini, il nostro maggior anglista, disse della crudeltà di Shylock: «è la naturale e triste progenie di una mortificata amarezza che gli uomini, inconsciamente, alimentano nei propri fratelli». Fra gli altri, tutti bravi, citerei Elisabetta Mandalari (Porzia), Milvia Marigliano (Nerissa) e Sergio Romano (Lancillotto).

                                                                         Enrico Fiore

(«Il Mattino», 13 novembre 2014)

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