Un foglio bianco che invoca la vita

Andrea Renzi in un momento de «La neve del Vesuvio»

Andrea Renzi in un momento de «La neve del Vesuvio»

Raffaele La Capria rappresenta una circostanza singolare. Rientra senza dubbio fra gli scrittori italiani con più alto tasso di letterarietà e, nello stesso tempo, è quello di loro che, forse, manifesta con maggiore lucidità la coscienza della separatezza della letteratura rispetto alla vita. Basterebbe considerare, al riguardo, il passo seguente de «La neve del Vesuvio», il libro che ispira l’omonimo terzo spettacolo del ciclo dedicato alle sue opere nel Ridotto del Mercadante.
Mi riferisco al racconto «Le parole» e a questo passo, non a caso collocato all’inizio e, quindi, in posizione fortemente icastica: «La maestra dettò: “Parlate della primavera”. I bambini si chinarono sui quaderni e scrissero con calligrafia ancora incerta il tema. Tonino guardò la finestra da cui entrava un po’ di sole. Lì fuori c’era la primavera e lui qui dentro stava a scrivere della primavera. Che senso ha?».
La risposta a Tonino (che è, ovviamente, La Capria bambino) e poi al La Capria adulto (lo scrittore di professione) la diede Maurice Blanchot: scrivere è, per l’appunto, un «gioco insensato». E del resto, in «Chiamiamolo Candido», la sua antologia «personale», lo stesso La Capria ha osservato: «C’è il sistema delle parole e c’è il sistema della realtà. (…) Le due cose – il sistema delle parole e quello della realtà – obbediscono a leggi diverse e non s’identificano».
Sentiamo, in tutto ciò, l’eco dell’affermazione decisiva di Hofmannsthal: «Le parole non sono di questo mondo». E Andrea Renzi – regista e protagonista de «La neve del Vesuvio» – ne rende compiuta testimonianza per mezzo di un’invenzione che nasce, sì, dal testo, ma dal principio alla fine agisce, autonomamente, come una calamita totalizzante.
Dico del foglio bianco che Renzi utilizza, man mano, come sipario, rifugio, via di fuga, pavimento e – tautologicamente – come il vero e proprio foglio bianco che, nel racconto di La Capria, Tonino finisce per non voler riempire. E allora, ecco che quel foglio bianco si trasforma nello spazio del desiderio e della ricerca della vita.
Dunque, le parole che l’attore pronuncia «vagano all’avventura», per ripetere ancora una volta l’acuta osservazione di Foucault a proposito del «Don Chisciotte». E diviso tra quelle e il foglio bianco con cui interagisce, Andrea Renzi diventa proprio l’Hidalgo della Mancha, «scrittura errante nel mondo in mezzo alla somiglianza delle cose».
In sala per la «prima», al fianco di La Capria, anche il collega Ermanno Rea.

                                                                                                                                   Enrico Fiore

(«Il Mattino», 13 febbraio 2014)

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