L’augurio della dignità

Bertolt Brecht

Bertolt Brecht

Travestiamoci da Babbo Natale, facciamocelo da noi, un regalo: e non solo in occasione del Natale, appunto, ma anche e soprattutto in vista dell’anno nuovo. Facciamoci il regalo di riscoprire quella cosa semplice, eppure difficilissima da praticare, che si chiama dignità. Parlo del rispetto per noi stessi e per il lavoro che svolgiamo o il ruolo che esercitiamo. E data la materia ch’è oggetto di questo sito, ecco, in breve, ciò che intendo dire: i teatranti dovrebbero liberarsi dell’illusione che il piccolo mondo autoreferenziale in cui si trincerano (troppo spesso avvilendosi in mille compromessi) sia il Mondo tout court; gli spettatori dovrebbero informarsi meglio circa gli spettacoli che vengono loro proposti (almeno qualche volta leggendo o rileggendo il testo messo in scena); i critici dovrebbero fare i critici sul serio (evitando di dirigere festival, di entrare nei consigli di amministrazione dei teatri, di firmare interviste che si riducono a pubblicità mascherata); e gli addetti stampa dovrebbero diventare ragionevolmente sobri (omettendo le iperboli, tipo l’aggettivo «attesissimo», con le quali infiorano, di solito, lo spettacolo che annunciano). In una parola, dovremmo, tutti, frequentare un po’ di più la verità, anche a costo di procurarci atteggiamenti ostili o, nella migliore delle ipotesi, fraintendimenti. Ricordiamoci della lezione, morale e politica insieme, che ci diede Bertolt Brecht: «Oh, noi / che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, / noi non si poté essere gentili». Auguri a tutti.

                                                                                                                               Enrico Fiore

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