Che ti passa per la testa? Un bicchiere pieno d’acqua

Vincent Weber in un momento di «Allege» (foto di Renata Chueire)

Vincent Weber in un momento di «Allege» (foto di Renata Chueire)

VENEZIA – A che cosa serve un bicchiere pieno d’acqua? Evidentemente a bere. E a che cosa serve un bicchiere pieno d’acqua tenuto in bilico per quaranta minuti prima sulla nuca, poi sulla sommità della testa e infine su una tempia? Altrettanto evidentemente a fare un numero di giocoleria circense. Ma che cosa diventa quel bicchiere se, tenuto in bilico sulla sommità della testa, l’acqua ne trabocca e cola sulla piantina tenuta in mano all’altezza del petto? Diventa, evidentissimamente, un vero e proprio innaffiatoio.
Ecco, «Allege» – lo spettacolo del francese Clément Layes presentato nell’ambito del quarantaseiesimo Festival Internazionale del Teatro, promosso dalla Biennale e diretto da Antonio Latella – si basa proprio sul rapporto che abbiamo con gli oggetti d’uso quotidiano e su come quel rapporto cambia se un determinato oggetto viene spostato dal suo contesto abituale (o addirittura naturale) e inserito in un contesto diverso (o addirittura immaginario).
Parliamo, dunque, di uno spettacolo connotato da continue dislocazioni di senso. E al di là della grande bravura tecnica dispiegata dal performer che ne è protagonista, Vincent Weber, basta citare, al riguardo, la sequenza conclusiva, quella in cui prende corpo un minimo di testo.
Layes spiega che l’acqua è l’energia, la piantina la vita, il pavimento bagnato l’oceano, lo straccio per asciugare il pavimento il sogno e quello straccio risbattuto sul pavimento la poesia. E come si vede, le parole subiscono la stessa sorte degli oggetti di cui sopra: spostate dal contesto che ad esse è proprio, finiscono ad assumere significati diversi da quelli che avevano in precedenza e – in qualcuno degli esempi citati – finanche opposti.
Ininterrotto, invece, è il filo rosso che tiene insieme gli spettacoli proposti da Latella in questo suo secondo anno da direttore della Biennale Teatro. E quel filo rosso sembra essere rappresentato proprio dall’acqua: sull’acqua ci muoviamo, perché, indubitabilmente, siamo a Venezia; acqua piove dal cielo negli «Spettri» di Ibsen riscritti da Leonardo Lidi; all’acqua, quella del mare assassino, allude l’«Oblò» di Giuseppe Stellato; e d’acqua, per l’appunto, è non meno indubitabilmente pieno il bicchiere che passa per la testa a Weber.

                                                                                                                                            Enrico Fiore

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