Il festival dell’acqua calda. E per contorno l’aria fritta – 2

Una scena di «Santa Estasi. Atridi: otto ritratti di famiglia», il progetto varato da Antonio Latella per Emilia Romagna Teatro (la foto è di Brunella Giolivo)

Una scena di «Santa Estasi. Atridi: otto ritratti di famiglia», il progetto di Latella varato da Emilia Romagna Teatro
(la foto è di Brunella Giolivo)

NAPOLI – Visto che il commento al Napoli Teatro Festival Italia 2017 ha suscitato qualche interesse, vi aggiungo qui di seguito tre altre considerazioni.

1) I laboratori. Invece che scoprire l’acqua calda (nel frattempo diventata fredda) di Peter Brook ed Eimuntas Nekrosius, forse sarebbe stato utile accogliere nel programma «Santa Estasi. Atridi: otto ritratti di famiglia», il progetto speciale pedagogico varato l’anno scorso da Antonio Latella per Emilia Romagna Teatro. E spiego in breve di che cosa si tratta. Attraverso provini a cui parteciparono 535 (cinquecentotrentacinque) candidati, furono scelti sedici attori (Alessandro Bay Rossi, Barbara Chichiarelli, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Mariasilvia Greco, Christian La Rosa, Leonardo Lidi, Alexis Aliosha Massine, Barbara Mattavelli, Gianpaolo Pasqualino, Federica Rosellini, Andrea Sorrentino, Emanuele Turetta, Isacco Venturini, Ilaria Matilde Vigna, Giuliana Vigogna) e sette drammaturghi (Riccardo Baudino, Martina Folena, Matteo Luoni, Camilla Mattiuzzo, Francesca Merli, Silvia Rigon, Pablo Solari), i quali ultimi – con l’assistenza di tre «tutor», lo stesso Latella e i suoi due drammaturghi stabili, Linda Dalisi e Federico Bellini – si fecero carico dell’adattamento delle celeberrime tragedie che giusto all’orrenda saga iniziata da Atreo si riferiscono. E ne vennero fuori per l’appunto otto spettacoli che, tutti con la regia di Latella, si replicarono per due mesi nel Teatro delle Passioni di Modena: «Ifigenia in Aulide» (da «Tieste» di Seneca e «Ifigenia in Aulide» di Euripide) di Francesca Merli, «Elena» (da «Le Troiane» ed «Elena» di Euripide) di Camilla Mattiuzzo, «Agamennone» (da Eschilo) di Riccardo Baudino, «Elettra» (da Euripide) di Matteo Luoni, «Oreste» (da Euripide) di Pablo Solari, «Eumenidi» (da Eschilo) di Martina Folena e «Ifigenia in Tauride» (da Euripide) di Silvia Rigon, più «Crisòtemi» della stessa Dalisi. E adesso mi limito ad aggiungere che, dopo aver vinto il Premio Ubu per le categorie «Spettacolo dell’anno» e «Nuovo attore, attrice o performer (under 35)» assegnato all’intero cast, «Santa Estasi» sarà al Festival di Avignone per ben otto giorni, dal 19 al 26 prossimi.

2) Gli spettacoli. Il nuovo allestimento di Emma Dante, «La scortecata», è uno spettacolo in tutto e per tutto napoletano: per l’autore (Giambattista Basile), per la colonna sonora (da Carosone a Pino Daniele passando per Massimo Ranieri) e per i due interpreti (Carmine Maringola e Salvatore D’Onofrio). Secondo la logica più elementare sarebbe dovuto stare nel cartellone del Napoli Teatro Festival Italia, non in quello del Festival dei Due Mondi di Spoleto.

3) I prezzi dei biglietti. Invece di limitarsi a fornire agli spettatori biglietti a prezzi stracciati o addirittura gratis, sarebbe stato opportuno preoccuparsi anche, se non soprattutto, di mettere quegli spettatori in grado di fruire degli spettacoli proposti avendo, circa i medesimi, qualche informazione in più. E invece sono spariti i programmi di sala. E al loro posto veniva distribuito un catalogo generale ch’era un’altra immagine del gigantismo del Napoli Teatro Festival Italia 2017: ventisette centimetri di larghezza per trentasei di altezza, e quindi pressoché impossibile da maneggiare in sala prima che cominciasse la rappresentazione. Infatti, non ho mai visto qualcuno che ce l’avesse fra le mani e lo sfogliasse. Giaceva abbandonato, in mucchi, su sedie e tavolini all’esterno dei luoghi in cui si davano gli spettacoli. E, peraltro, le sue dimensioni erano, come il programma complessivo del Festival rispetto alla qualità media delle proposte, inversamente proporzionali alle informazioni che conteneva: tanto per dirne solo una, mancava l’elenco personaggi/interpreti, di modo che non ha avuto alcun modo di soddisfare la sua curiosità lo spettatore che avesse voluto conoscere il nome dell’attrice o dell’attore che lo aveva colpito per una certa interpretazione. Ecco. Soddisfare questa ed altre possibili curiosità sarebbe stato un modo di venire incontro al pubblico sul serio: voglio intendere – altro che l’operazione puramente propagandistica e, ripeto, demagogica dei prezzi stracciati – che così si sarebbe fatto qualcosa per favorire la sua formazione.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

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4 risposte a Il festival dell’acqua calda. E per contorno l’aria fritta – 2

  1. Rita Montes scrive:

    Bravo, Enrico.
    Rita Montes

  2. Enrico Fiore scrive:

    Faccio del mio meglio, cara Rita.
    Un abbraccio.
    Enrico Fiore

  3. Gabriele Riegler scrive:

    Caro Enrico,
    leggo solo ora l’ultima serie dei tuoi scritti, e i commenti come quello del signor Mastroianni.
    Cosa dire? In questa città la crisi del teatro è lo specchio della crisi dei progetti e delle idee della città stessa.
    Ormai si va a teatro per abitudine. L’altro giorno ho rinnovato l’abbonamento al Mercadante, ma senza gioia. Uno spettacolo di portata internazionale come “Masquerade” per soli due giorni e, tra quelli a scelta (magari, per carità, sarà un bidone), un altro, come “Emilia”, che pure ha avuto – almeno per quanto ho letto – ottime critiche. Al Bellini ho puntato, ovviamente secondo il mio gusto, su quattro-cinque spettacoli, tra cui “Vangelo”. Al Nuovo mi solletica quello di Moscato, che ho perso al festival. Il Diana, che non dovrebbe più chiamarsi teatro ma TeleDiana, fa tanti spettatori grazie ai vomeresi, che possono recarsi lì comodamente, senza uscire dai confini del loro quartiere. I piccoli spazi presentano a volte allestimenti allettanti che, però, magari tengono appena due-tre giorni.
    Ciò detto, caro Enrico, mi permetti di spostarmi dal tuo spazio professionale (il teatro) ad uno spazio diverso come la lirica? Pur riconoscendo meriti alla sovrintendente Purchia per quanto riguarda il rilancio complessivo del San Carlo, un appassionato come me, abbonato da quarant’anni, non ce la fa più a vedere Bohème, Traviate, Carmen, titoli ripetitivi del Settecento napoletano e solo poche novità di autori moderni, ad esempio della tradizione mitteleuropea. Capisco che bisogna fare cassetta (ieri la “Carmen” riproposta obbligatoriamente agli abbonati solo dopo due anni ha visto in verità un teatro pieno di stranieri: ma perché reinserirla nell’abbonamento gravando sul costo dello stesso?), però bisogna considerare anche che la “mission” di un teatro pubblico dovrebb’essere quella di uscire dal provincialismo.
    Gabriele Riegler

  4. Enrico Fiore scrive:

    Caro Gabriele,
    faccio mia la tua domanda: cosa dire? Ormai le abbiamo dette tutte, e continuiamo a ripeterci perché, a Napoli, le idee e i progetti a cui accenni costituiscono semplicemente un “optional” (o, meglio, una pura ipotesi). E per quanto riguarda il San Carlo, non posso esprimermi: poiché, da gran tempo, il suo ufficio stampa, pur continuando a inondare la mia casella di posta con valanghe di comunicati circa le attività, anche quelle minime, del Massimo (ti prego di passarmi il gioco di parole), non m’invita più alle “prime”.
    Cordiali saluti.
    Enrico Fiore

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