Al Napoli Teatro Festival Italia
Al Pacino fa rima con topolino

Una scena di  «Les Aiguilles et l'Opium», lo spettacolo di Robert Lepage

Una scena di «Les Aiguilles et l’Opium», lo spettacolo di Robert Lepage

NAPOLI – Dileguatosi il topolone, è rimasto il topolino. Nel senso che, non essendosi compiuto il miracolo di Al Pacino, invocato come un San Gennaro di Broccolino dai soliti imbonitori travestiti da giornalisti, ci ritroviamo con un Napoli Teatro Festival Italia nelle cui vene il sangue appare pietroso oltre che scarso: e voglio dire, naturalmente, che nel suo cartellone non è dato scorgere né un progetto, né un filo conduttore, né una sostanza spettacolare rilevante.
In pratica, Franco Dragone, il neo direttore della rassegna, s’è limitato a questo: ha portato con sé dal Belgio una pattuglia di conoscenti, ha stabilito una certa sinergia con lo Stabile di Napoli (accogliendo il «Macbeth» di De Fusco e «Le Troiane» di Valery Fokin e Nikolaj Roshin, che poi saranno nella stagione del Mercadante), ha ingaggiato qualche artista internazionale di notorietà corrente (Peter Sellars, William Kentridge, Svetlana Zakharova) e ha distribuito un po’ di briciole ai teatranti indigeni (Carlo Cerciello, Lorenzo Gleijeses, Pierpaolo Sepe, Laura Angiulli, la compagnia di Punta Corsara).

Franco Dragone

Franco Dragone

Si tratta, peraltro, di scelte opinabili anche a volerle considerare in sé: fra i belgi manca Jan Fabre, una delle personalità di spicco del teatro europeo contemporaneo, e c’è, invece, quel Fabrice Murgia che, premiato con il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2014, ha ringraziato l’anno dopo presentando uno spettacolo («Notre peur de n’être») piuttosto datato sotto il profilo della forma e che si riferiva a una solitudine individuata sul mero piano sociale (segnatamente a quella dei giovani della classe media) senza riuscire ad attingere il livello della solitudine in quanto dimensione esistenziale; fra gli stranieri, tanto per parlare di San Pietroburgo, manca Lev Dodin, il maestro del Malij Teatr, e c’è, invece, Fokin, il direttore di quell’Aleksandrinskij Teatr il cui merito principale sta nel fatto che vi aveva un palco Cechov; e fra i napoletani, infine, mancano, tanto per citare solo due nomi, Mimmo Borrelli ed Enzo Moscato.

Una scena di «Verso Medea», lo spettacolo di Emma Dante

Una scena di «Verso Medea», lo spettacolo di Emma Dante

Ovviamente, non è in discussione la qualità degli spettacoli, che verificheremo di volta in volta. E per quanto concerne gli stranieri, osservo al riguardo che un regista di sicura importanza arriva, Robert Lepage. Ma arriva con «Les Aiguilles et l’Opium (Gli aghi e l’oppio)», uno spettacolo vecchissimo (fu ideato addirittura nel 1991) e già presentato in Italia molti anni fa: io lo vidi nel ’97 al Teatro Il Vascello, nell’ambito del RomaEuropa Festival. Adesso, comunica l’ufficio stampa del Napoli Teatro Festival Italia, ci verrà proposto in un riallestimento del 2013. Vecchiaia si aggiunge a vecchiaia.

Angela Pagano ne «Le Troiane»

Angela Pagano ne «Le Troiane»

Dal canto suo, per fare un paragone, il Festival dei Due Mondi di Spoleto ospiterà, fra gli altri, Eimuntas Nekrosius (il quale, tanto per dire, sarà in stagione al Bellini con il suo allestimento ispirato a Kafka), Tim Robbins e Robert Wilson. Ma intendiamoci: so benissimo che non sempre un artista di grande nome produce grandi spettacoli, così come so altrettanto bene che non di rado grandi spettacoli sono prodotti da artisti di piccolo nome. Se faccio il discorso dei nomi è perché sia Dragone che i suoi sponsor politici hanno posto fra i compiti principali del Napoli Teatro Festival Italia quello di costituire un richiamo per i turisti. E vorrei che qualcuno mi spiegasse per quale misterioso motivo i turisti dovrebbero essere attirati a Napoli dai vari Michèle De Mey, Jaco Van Dormael, Shiro Takatani, Françoise Bloch, Brett Bailey, Katia e Marielle Labèque e Omar Abusaada.
A proposito di politica, poi, vale la pena di soffermarsi sulla conferenza stampa con cui a Roma, nella sede dell’Agis, è stato presentato il cartellone. E qui lascio la parola a Emilia Costantini, che sul «Corriere della Sera» di oggi così ha iniziato la sua cronaca: «Invece del Festival degli spettacoli, va in scena la commedia del Festival. La conferenza stampa di presentazione del Napoli Teatro Festival Italia ha rasentato la farsa.

Luigi Grispello

Luigi Grispello

Presenti, il presidente della Fondazione Campania dei Festival Luigi Grispello, i consiglieri Cristina Loglio e Sebastiano Maffettone. Vistose le assenze del direttore della manifestazione Franco Dragone e del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Il primo è stato più volte evocato come convitato di pietra, ma non si è materializzato: “Perché è assente? Chiedetelo a lui”, ha risposto Maffettone. “Perché non c’è? Non ho la palla di vetro”, ribatte Grispello. E Dragone che fa? Tace. De Luca, invece, è assente giustificato per “improrogabili impegni ministeriali”. Assente anche il consigliere Lucio D’Alessandro: “Ha la febbre”. Tant’è, ma la questione riguarda il braccio di ferro tra Grispello e Dragone sulla partecipazione al Festival di Al Pacino. L’attore americano doveva aprire la manifestazione, all’Arena Flegrea, con “An evening with Al Pacino”, ma il cachet era alto, 700 mila euro, poi dimezzato a 350 mila. “Noi potevamo mettere 140 mila euro – spiega Grispello -. Ma l’imprenditore Francesco Flores, che ha rilevato l’Arena e voleva sponsorizzare l’evento, si è ritirato, ritenendo non ci fossero più le condizioni finanziarie. Se si dovessero ricreare le condizioni, chissà…».
Ora, se veramente il motivo della disputa fra Dragone e Grispello consiste nella cifra spropositata che avrebbe dovuto percepire il divo statunitense, non ho alcuna difficoltà a schierarmi dalla parte di Grispello, il quale, non dimentichiamolo, ha il non trascurabile merito di aver liberato il Festival dalla quindicina di milioni di debiti lasciata dalle precedenti gestioni. Ma temo che quella disputa abbia più di un motivo, e di ben altra consistenza. Intanto, a tutt’oggi mancano le schede degli spettacoli, né s’intravvede all’orizzonte la traduzione dei testi non italiani.
Insomma, «E lasciatemi divertire», per concludere con Palazzeschi: al Napoli Teatro Festival Italia, ve l’ho detto all’inizio, Al Pacino fa rima con topolino.

                                                                                                                                              Enrico Fiore

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6 risposte a Al Napoli Teatro Festival Italia
Al Pacino fa rima con topolino

  1. Edgardo Bellini scrive:

    Enrico, sei veramente un modello di schiettezza e d’intelligenza critica!
    Edgardo Bellini

  2. Enrico Fiore scrive:

    Caro Edgardo,
    non merito tanti elogi: in fondo, cerco solo di fare il mio dovere. Grazie per la stima, comunque.
    Enrico Fiore

  3. Salve.
    Anch’io sono rimasta perplessa, perché da un personaggio del genere (Dragone, n.d.r.) mi aspettavo di più. Ma devo correggerla con tutta la cortesia possibile e condividendo al 90% quello che scrive. “Gli aghi e l’oppio” non ha nulla a che fare con la versione dell’89, perché, come spesso fa Lepage, lo spettacolo ha avuto un considerevole cambiamento sia scenico che tecnologico. Visto a Madrid, Le assicuro che rimane la forza della drammaturgia originaria anche se lo spettacolo è completamente nuovo. Quindi sono felice di tornare a vederlo. E invito tutti a farlo.
    Piuttosto Kentridge che ormai è ovunque … Il suo spettacolo dovrebbe avere svariati anni…. E mi domando se si scelga il “nome” e non il progetto. In proposito, essendo abbastanza addentro alle questioni di distribuzione degli spettacoli, noterei che due dei big stranieri compresi nel cartellone dell’edizione 2016 del Napoli Teatro Festival Italia (appunto Lepage e Takatani) hanno lo stesso distributore, Epidemic.
    Mi pare evidente che qua possiamo ipotizzare un ruolo centrale delle agenzie. E quindi, chiaramente, i dubbi su quale linea tematica ci possa essere sono decisamente leciti…..
    Anna Maria Monteverdi

  4. Enrico Fiore scrive:

    Cara amica,
    “Gli aghi e l’oppio” fu ideato nel ’91. Non esiste, a quanto ne hanno detto le cronache, una “versione dell’89”. Ma, anche se esistesse, sarebbe la prova che lo spettacolo è ancora più vecchio. Il che, beninteso, non toglie nulla al suo valore e alla sua godibilità nella versione attuale. Il mio rilievo voleva essere soltanto la sottolineatura del fatto che, di Lepage, Dragone ha scelto uno spettacolo datato e non uno di quelli più recenti e, dunque, più in sintonia con il presente. Per quanto riguarda le altre Sue osservazioni, sono, s’intende, perfettamente d’accordo.
    Voglia gradire i miei più cordiali saluti.
    Enrico Fiore

  5. Considerato che sono l’unica ad aver scritto in Italia una monografia di Lepage, posso rassicurarla sulla questione che le sta a cuore: 1991 o 1989? Lepage ci lavorava da prima del 1991 come si vede dai progetti di scena. Ma la questione riguarda la nuova versione che appunto, è tutt’altra cosa e definire uno spettacolo vecchio, beh francamente, si attacca allo spettacolo sbagliato per fare le critiche a Dragone. Lo spettacolo che sta girando con massimo successo tutto il mondo non ha scenicamente parlando nulla ma proprio nulla a che fare con il precedente 1991-1989. E se lei conoscesse Lepage saprebbe che lui è solito “rifare” spettacoli a distanza di anni senza replicarli affatto! (La trilogia dei dragoni per esempio). Comunque siamo sicuri che la direzione di Ruggero Cappuccio sarà di più ampio respiro delle precedenti e mi auguro che lui voglia mantenere uno spazio proprio per Lepage, Con qualunque spettacolo, una riproposta, un sequel, un prequel…qualunque cosa! Cordialità…
    Anna Maria Monteverdi

  6. Enrico Fiore scrive:

    Innanzitutto, mi sembra piuttosto strano che Lei replichi soltanto oggi a un mio articolo scritto e pubblicato su questo sito ben sette mesi fa. E poi, non è che basti aggiornare uno spettacolo “scenicamente” per trasformarlo in uno spettacolo nuovo, se ne restano identici a quelli delle sue versioni precedenti i contenuti, ovvero la trama, i personaggi e i significati: giacché sono questi contenuti che costituiscono la sostanza identitaria di uno spettacolo.
    Certo, io non ho scritto una monografia “di” Lepage, ma so almeno che si dovrebbe parlare, più correttamente, di una monografia “su” Lepage. E si dovrebbe, inoltre, usare un po’ meglio la punteggiatura.
    Chiudo con qualche sommessa domanda: come fa, Lei, a dire “siamo” quando scrive “siamo sicuri che la direzione di Ruggero Cappuccio sarà di più ampio respiro delle precedenti”? Parla a nome di una pluralità di persone? E quali sono queste persone che Lei pretende di rappresentare? O, infine, Lei vuole soltanto schierarsi preventivamente dalla parte di Cappuccio, ciò che costituirebbe, di conseguenza, l’unico motivo per cui ha scritto questo “commento”?
    Le ricambio, comunque, le cordialità.
    Enrico Fiore

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