Per un 2016 «sulla spiaggia e di là dal molo»

Voltaire ritratto da Nicolas de Largillière

Voltaire ritratto da Nicolas de Largillière

NAPOLI – Propongo oggi, a quanti hanno la bontà e la pazienza di leggermi, una riflessione che vale come augurio per il 2016 appena iniziato.
Sempre più spesso, negli ultimi tempi, si leggono elogi sperticati di coloro i quali sovrintendono al teatro napoletano, in specie quello pubblico, e del loro operato. E a firmare cotali panegirici non sono soltanto i soliti imbonitori in servizio permanente effettivo travestiti da giornalisti, ma anche intellettuali che in genere si occupano di tutt’altre faccende, critici che invece sanno benissimo come stanno veramente le cose, autori, registi e attori che pretendono ad ogni piè sospinto di spaccare in quattro il capello della cultura impegnata e persino commentatori tuttologi che, però, a teatro non si vedono mai.
È fin troppo ovvio che – almeno per ciò che riguarda gli autori, i registi e gli attori in questione – simili esaltazioni (sembra che l’ambiente teatrale napoletano sia improvvisamente diventato un giardino tale che al confronto l’Eden ci fa la figura di uno spelacchiato praticello di periferia) sono dettate da un interesse specifico e scoperto: se non vi si è già provveduto, si spera di salire al più presto sul carro del vincitore (leggi il Teatro Stabile diretto da Luca De Fusco, che di recente ha ottenuto la qualifica di Teatro Nazionale e, con essa, molto più cospicui finanziamenti statali).
Superfluo aggiungere che, in nome di questo interesse, ci si rimangia con la massima disinvoltura tutte le posizioni ideologiche e tutte le convinzioni teoriche assunte in precedenza, insieme, naturalmente, con tutte le critiche e con tutti gli insulti che, in passato, non pochi degli autori, dei registi e degli attori citati avevano scagliato contro i personaggi adesso al potere.

George Orwell

George Orwell

Torna in mente quanto, in «Candido o l’ottimismo» di Voltaire, osserva Pangloss: «Coloro i quali hanno affermato che tutto va bene, han detto una castroneria. Bisognava dire che meglio di così non potrebbe andare». Solo che il precettore di Candido intendeva mettere in caricatura la dottrina leibnitziano-wolffiana secondo cui, pur di fronte all’evidenza della malvagità umana, delle guerre e dei disastri naturali, non possiamo non dire che viviamo nel migliore dei mondi possibile. Molto più modestamente, invece, gl’imbonitori dei quali parliamo si limitano a rimodellare su se stessi la famosa frase conclusiva di Candido: «bisogna», appunto, «coltivare il nostro giardino».
A loro, ma anche a tutti noi, ricordo il motto di George Orwell: «Abbi il coraggio di essere un Daniele, / abbi il coraggio di rimanere solo; / abbi il coraggio di avere un fermo proposito, / abbi il coraggio di farlo sapere».

Mario Tobino

Mario Tobino

Daniele, uno dei grandi profeti, ebbe da Dio il dono «della scienza e dell’intelligenza di ogni libro» e «della sapienza e dell’intelligenza di ogni visione e di ogni sogno». Deportato giovinetto a Babilonia, per quelle sue virtù conquistò la stima e l’affetto del re Nabucodonosor, ma si rifiutò di obbedire all’ordine di rinnegare la propria fede e perciò, come sappiamo, venne gettato nella fossa dei leoni.
Dunque – visto che siamo in una città di mare – concludo con un passo di «Sulla spiaggia e di là dal molo» di quel Mario Tobino che, avendo per molti anni frequentato da medico i pazzi, ne aveva appreso la segreta saggezza: «Il mare no, non era possibile. Col mare i mestatori non ce la potevano. La vita continuava con la sua bellezza e ferocia. Era ancora più emozionante individuare in un angolo, in un luogo, lo stesso lampo del passato; luceva la speranza di trasfigurare anche il presente».
Buon anno a tutti.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

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