Un «albergo del libero scambio» affollato di sardine

Da sinistra, Milvia Marigliano e Francesca Agostini in un momento di «Rumori fuori scena», in replica al Bellini (le foto che illustrano questo articolo sono di Giampiero Assumma)

Da sinistra, Milvia Marigliano e Francesca Agostini in un momento di «Rumori fuori scena», in replica al Bellini
(le foto che illustrano questo articolo sono di Giampiero Assumma)

NAPOLI – Sul palcoscenico del Grand Theatre di Weston-Super-Mare è in corso la prova generale di «Niente addosso», una commediola erotica di Robin Housemonger. Ma va tutto a rotoli: perché si combinano fra loro, con effetti devastanti, l’assoluta inconsistenza del testo da rappresentare e l’assoluta inaffidabilità della compagnia chiamata a rappresentarlo, composta da attori professionisti e non.
Per quanto riguarda il testo, basta por mente allo scambio di battute fra i personaggi di Roger Tramplemain e Vicki: Roger: «Ma non puoi stare così in mutande!» – Vicki: «Ok, me le levo»; o alla battuta che pronuncia il personaggio di Philip Brent dopo che con la colla, maldestramente, s’è appiccicato le dita a un avviso mandatogli dal Fisco: «Le tasse mi hanno sempre attaccato, ma è ridicolo che ora sia io attaccato alle tasse». E per quanto riguarda la compagnia, abbiamo: un regista, Lloyd Dallas, che ha imposto come attrice la sua amante, l’ex spogliarellista Brooke Ashton; un attore di lunga carriera ma alcoolizzato, Selsdon Mowbray; Dotty Otley, un’amica di vecchia data di Lloyd e Selsdon fidanzata col molto più giovane di lei Garry Lejeune; Frederick Fellowes, fresco di divorzio; Belinda Blair, tanto perfezionista quanto impicciona; Tim Allgood, un direttore di scena che a dispetto del suo cognome non combina niente di buono; e Poppy Norton Taylor, un’assistente alla regia ch’è rimasta incinta di Lloyd.
Comunque, lo spettacolo riuscirà ad andare in scena, e pure con successo. Ma, naturalmente, le cose non vanno meglio durante la tournée: un po’ perché Lloyd s’è messo a seguire un’altra compagnia, con la quale ha allestito un «Riccardo III», e specialmente perché – lui viene a saperlo quando, all’insaputa di tutti, s’intrufola dietro le quinte per appartarsi con Brooke – Dotty e Garry si sono lasciati a causa dell’eccessiva gelosia di Garry, che vede in Frederick un rivale, e di continuo non si trova Selsdon, che sparisce ad intervalli piuttosto regolari per andare a bere.

Da sinistra, Elena Gigliotti, Andrea Di Casa, Valerio Binasco e Giordana Faggiano in un altro momento dello spettacolo

Da sinistra, Elena Gigliotti, Andrea Di Casa, Valerio Binasco e Giordana Faggiano in un altro momento dello spettacolo

Sì, parliamo di «Rumori fuori scena», la commedia di Michael Frayn diventata un vero classico del teatro comico contemporaneo e che ora viene presentata al Bellini in un allestimento prodotto dallo Stabile di Torino per la regia del suo direttore artistico Valerio Binasco. E aggiungo subito che anche in questa circostanza sprigiona tutto intero il suo potenziale di sopraffina reinvenzione dei meccanismi cari a Feydeau: con quella casa fornita d’innumerevoli porte e quell’inesausto agitarsi dei personaggi che richiamano con ogni evidenza «L’albergo del libero scambio». Solo che Frayn piega quei meccanismi alla logica, alle forme e ai ritmi di una satira del teatro che, giusto ai tempi di Feydeau, si definì «boulevardier».
Infatti, le porte di «Rumori fuori scena» o non si aprono o non si chiudono, Lloyd e Dotty non riescono a capirsi nemmeno su una semplice telefonata (lui parla di ricevitore, lei di cornetta) e i veri protagonisti del «libero scambio» sono i piatti di sardine che vanno e vengono a una velocità via via crescente. E per proprio conto, Binasco, che di recente s’è dato per l’appunto alla commedia, insiste qui, e con uguali sapienza ed efficacia, sugli stessi stilemi che connotavano il suo allestimento di «Arlecchino servitore di due padroni» che vidi l’anno scorso al Carignano di Torino: da un lato la sottolineatura del minimalismo realistico della quotidianità e dall’altro l’assunzione del comico come un acido che irrompe a corrodere le pigre certezze della società borghese.
Alla bisogna non poteva darsi uno strumento migliore del testo di Frayn, con la sua messinscena di quel teatro (borghese, giusto) che non è capace di presentarsi come un’istituzione e una pratica distinte da un’efficienza in linea con le certezze di cui sopra; e non poteva darsi, del pari, una compagnia più dotata di quella in campo. Vanno citati tutti: giacché spiccano, certo, Milvia Marigliano (Dotty Otley) e lo stesso Binasco (Lloyd Dallas), ma non meno bravi sono i vari Andrea Di Casa (Garry Lejeune), Francesca Agostini (Brooke Ashton), Nicola Pannelli (Frederick Fellowes), Elena Gigliotti (Belinda Blair), Fabrizio Contri (Selsdon Mowbray), Ivan Zerbinati (Tim Allgood) e Giordana Faggiano (Poppy Norton Taylor).
Alla «prima» gran divertimento e moltissimi applausi, anche a scena aperta.

                                                                                                                                           Enrico Fiore

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