Luca De Fusco e lo scambio, si fa ma non si dice

Claudio Di Palma e Marina Sorrenti in un momento dell'«Edipo a Colono» di Cappuccio diretto da Rimas Tuminas (la foto è di Ivan Nocera)

Claudio Di Palma e Marina Sorrenti in un momento dell’«Edipo a Colono» di Cappuccio diretto da Rimas Tuminas
(la foto è di Ivan Nocera)

NAPOLI – Riporto la lettera di Luca De Fusco e la mia risposta alla stessa, pubblicate dal «Corriere del Mezzogiorno» rispettivamente il 19 e il 20 luglio.

«Gentile Direttore,
Spiace molto che il giornale da Lei diretto pubblichi (in data 16 luglio 2019), l’ennesimo attacco di Enrico Fiore alla mia persona senza fare una minima verifica delle affermazioni in esso contenute.
Affermazioni mendaci in quanto Enrico Fiore sostiene che io avrei “scambiato“ la mia regia di “Sabato, domenica e lunedì“ al Teatro Vhaktangov di Mosca con quella dell’“Edipo a Colono“ di Rimas Tuminas al Teatro Grande di Pompei. Quando due teatri intessono attività di collaborazione e scambio lo fanno in modo dichiarato, cosa che in questo caso non è successo. Sarebbe bastato questo a far dubitare delle insinuazioni di Fiore ma in realtà è il suo stesso articolo che si smentisce da solo.
Infatti io ho realizzato la mia regia russa iniziando la prima sessione di prove nel settembre del 2018, due mesi prima dell’improvvisa morte di Eimuntas Nekrosius, avvenuta a novembre. Ovviamente il mio impegno iniziato a settembre 2018 era stato contrattualizzato molti mesi prima, in un momento in cui la regia di “Edipo a Colono“ era già stata affidata a Nekrosius e successivamente annunciata alla stampa.
È quindi ovvio che io non ho, né potevo materialmente fare, alcuno scambio con Tuminas perché non potevo certo prevedere l’improvvisa scomparsa di Nekrosius.

Luca De Fusco

Luca De Fusco

Il vostro articolo è gravemente lesivo della mia immagine e di quella del maestro Tuminas. Lascia capire che io abbia realizzato la mia regia in uno dei maggiori teatri europei non per i miei meriti artistici ma per uno scambio di favori. Tale scambio sarebbe avvenuto con uno dei maggiori registi viventi, che non ha certo bisogno dei miei favori per lavorare all’estero.
In realtà è successo esattamente il contrario di quanto Fiore scrive e il Suo giornale pubblica. Solo grazie alla mia presenza nel suo teatro ho potuto convincere Tuminas a rendere omaggio al suo amico defunto e salvare l’allestimento del testo di Ruggero Cappuccio.
L’articolo da voi pubblicato lede quindi la mia immagine e lo fa in modo facilmente smentibile e della cui falsità avreste potuto forse accertarvi.
Cordiali saluti».

Luca De Fusco
Direttore Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale»

Caro Direttore,
non ne avrei alcuna voglia. Ma non posso non rispondere alla lettera di De Fusco, ormai quasi ex direttore del Teatro Stabile di Napoli: perché si tratta di una lettera essa sì «mendace», dal momento che pretende di negare l’evidenza del fatto – d’altronde rilevato e denunciato da tutti indistintamente i più noti e avvertiti analisti e operatori – che proprio sullo scambio si reggono la politica e l’attività degli Stabili e del settore teatrale italiano in genere.
Ma è «mendace», la lettera di De Fusco, innanzitutto perché parla di un mio «ennesimo attacco» alla «persona» del De Fusco medesimo. Nella mia attività di giornalista e di critico, cominciata addirittura nel 1964, io non ho mai fatto «attacchi» alla «persona» di chicchessia. Io ho sempre e soltanto manifestato pareri – certo, assoggettabili, in quanto tali, all’assenso o al dissenso, come qualsiasi altra opinione – circa gli spettacoli firmati da questo o quel regista e le opzioni culturali da cui gli stessi discendevano. E anzi, nel caso di De Fusco (mi vedo costretto a ricordarlo e sottolinearlo ancora una volta) sono stato il solo, in un periodo lungo anni, che non lo abbia ignorato, a fronte dell’ostracismo impietoso che da sinistra gli avevano decretato. E in quel periodo – ripeto, lungo anni – a De Fusco ho riservato recensioni spesso positive e, talora, persino entusiastiche. Tanto per essere chiari e, spero, perché non si continui ad ignorare la verità dei dati di fatto.
Aggiungo che ho ricordato e sottolineato tale circostanza anche sul mio sito Controscena.net, quando, il 3 marzo scorso, vi pubblicai un commento sulla scuola dello Stabile di Napoli in cui ripresi le parole che avevo dedicato alla nomina di Mariano Rigillo a direttore di quella scuola: «Finalmente. Finalmente arriva, dall’asfittico mondo teatrale nostrano, quella che senz’alcun dubbio possiamo definire una buona, anzi un’ottima notizia: è Mariano Rigillo il nuovo direttore della scuola di teatro dello Stabile di Napoli. Lo ha deciso all’unanimità il consiglio d’amministrazione dello Stabile medesimo, riunitosi stamattina. E mai decisione di un organo burocratico fu tanto illuminata, convincente e, di più, capace di tramutarsi in una fondata prospettiva per l’avvenire».

Rimas Tuminas

Rimas Tuminas

Del resto, fu lo stesso De Fusco a riconoscere quella circostanza, allorché, appena nominato direttore dello Stabile nostrano, volle incontrarmi a colazione in un ristorante del Borgo Marinari. Mi disse: «Ti sono assai grato, perché tu sei stato l’unico che, in un certo periodo, non abbia fatto finta che io non esistessi».
Per quanto riguarda, poi, lo scambio tra De Fusco e Tuminas, il fatto che non sia stato «dichiarato», come asserisce De Fusco, non significa che non ci sia stato. Forse che De Fusco doveva appendere, come si dice, il campanello al collo della gatta? E comunque, è proprio De Fusco a confessare che quello scambio c’è stato, quando scrive: «Solo grazie alla mia presenza nel suo teatro ho potuto convincere Tuminas a rendere omaggio al suo amico defunto e salvare l’allestimento del testo di Ruggero Cappuccio». Appunto: io sono venuto a realizzare uno spettacolo nel tuo teatro e tu vieni a realizzare uno spettacolo nell’ambito di una rassegna, «Pompeii Theatrum Mundi», diretta da me. E d’altronde, che Tuminas considerasse la propria messinscena dell’«Edipo a Colono» di Cappuccio alla stregua, sostanzialmente, di un «favore» da rendere a De Fusco è dimostrato – indirettamente ma incontrovertibilmente – dalla pigrizia (adopero, s’intende, un generosissimo eufemismo) con cui – come ho cercato di chiarire nell’articolo «incriminato» – s’è accostato a quell’allestimento.
Non mi quadra, infine, il modo in cui De Fusco conclude: «L’articolo da voi pubblicato lede quindi la mia immagine e lo fa in modo facilmente smentibile e della cui falsità avreste potuto forse accertarvi». Ma può darsi, beninteso, che sia io ad aver dimenticato l’italiano. Con l’età può succedere.
Grazie dello spazio che mi hai concesso, caro Direttore. E scusami del tempo che ho fatto perdere a te e ai lettori. Ma non è stata colpa mia.

                                                                                                                                           Enrico Fiore

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