Quella Madonna dietro la macchina per cucire

 

Lina Sastri, superba  protagonista a San Miniato in «Passio Hominis»

Lina Sastri, superba protagonista a San Miniato in «Passio Hominis»

SAN MINIATO – Certo, si riferisce alla Passione di Cristo lo spettacolo che l’Istituto del Dramma Popolare propone nella piazza del Duomo di San Miniato; e infatti adotta come testo, desunto dal codice V.E. 361 della Biblioteca Nazionale di Roma, la trascrizione di una sacra rappresentazione di origine medievale che la monaca copista teatina Maria Jacoba Fioria stese negli anni 1576 e ’77 in uno straordinario italiano arcaico connotato da influssi latini, toscani, laziali e, soprattutto, umbri. Ma, poi, allo spettacolo viene attribuito il titolo «Passio Hominis».
Direi che non si poteva riassumere meglio e in maniera più icastica le intenzioni della regia di Antonio Calenda. Il quale, in breve, fa reagire fra loro l’argomento religioso e la quotidianità ordinaria, la storia e l’immaginario collettivo: sicché, poniamo, i componenti del Sinedrio diventano dei mafiosi in doppiopetto appollaiati sulle sedie del barbiere, la Madonna sta dietro la macchina per cucire, il Diavolo è vestito a metà fra Mandrake e il direttore di un circo e Gesù si trasforma in un partigiano ammazzato con una scarica di mitra.

Antonio Calenda

Antonio Calenda

Aggiungo subito che ci sono salde radici teologiche, filosofiche e ideologiche a sostenere e giustificare l’intelligenza e la precisione di un simile impianto. E mi limito, qui, a citare da un lato Massimo Cacciari («il segreto condiviso è che, come noi, Dio è fragile») e dall’altro le «Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza e la vera via» di Kafka («Tutte le sofferenze che sono attorno a noi dobbiamo patirle anche noi»).
Del resto, basterebbe il passo seguente della Fioria ad avallare la fondatezza di tale «riduzione» al livello umano dell’alto disegno divino: «Non gire questa volta ad essere morto! / Stacte con noi, Figlio, et non ce annare». Per questa Maria la morte di Cristo stabilita dal Padre non è l’ingresso in una dimensione «altra», ma solo il trasferirsi (sì, proprio l’«emigrare»!) del Figlio in una diversa collocazione spaziale. E sarebbe addirittura superfluo sottolineare quanto pesi, rispetto a un quadro del genere, l’ammirevole coerenza interna dello spettacolo.
Penso in particolare alle musiche di Germano Mazzocchetti. Oscillano fra la solennità della marcia funebre e la spensieratezza della ballata popolare. Che dire, per esempio, del valzer musette che accompagna la sequenza in cui Cristo istituisce l’Eucarestia? E che dire, sempre a titolo d’esempio e per tornare alla regia di Calenda, del vero e proprio couplet da avanspettacolo che segue all’Annunciazione su un palchetto da Commedia dell’Arte? O dell’invenzione, affogata in un’atmosfera surreale da brividi, che fa del suicidio di Giuda un gioco davanti allo specchio?

Lina Sastri e Jacopo Venturiero (Cristo) in un'altra scena dello spettacolo

Lina Sastri e Jacopo Venturiero (Cristo) in un’altra scena dello spettacolo

Tutto questo, infine, si condensa e si esalta nella prova superba (ma risulta difficile trovare un aggettivo pienamente adatto) offerta da Lina Sastri. La sua Maria non è una madre, bensì la Madre; così come il suo non è un dolore, bensì il Dolore. E poiché, nel testo, la Madonna non fa che ripetere sempre la stessa cosa, ossia declinare le infinite pugnalate infertele da quel Dolore, ecco che Lina – con una vertiginosa e rapinosa strategia interpretativa – non fa che declinare gl’infiniti spasimi di quella Madonna secondo (per parafrasare Robbe-Grillet) gli spostamenti progressivi del Dolore medesimo.
Nel 1984 interpretò la Madonna di Maria Jacoba Fioria, sempre per la regia di Calenda, anche un’altra grande attrice napoletana, Pupella Maggio. Ma nessun’attrice può rendere questo mélange di spirito e di carne meglio di Lina Sastri: lei ci entrò per sempre nel cervello e nel cuore quando, nel «Masaniello» di Porta e Pugliese, indossò i panni laceri della mendicante che – nell’ansito della sanguigna musica di Roberto De Simone – strisciava dietro lo stendardo della Madonna del Carmine con le ginocchia piegate e l’anima nel sesso.
Bravi, al suo fianco, anche – per citare solo qualche nome – Jacopo Venturiero (Cristo), Francesco Benedetto (Giuda) e Marco Grossi (Caifa). Ed eccellente il commento della fisarmonica di Fabio Ceccarelli e delle percussioni di Tiziano Tetro. Insomma, un salto a San Miniato varrebbe davvero la pena di farlo. Si replica fino al 22.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

(«Il Mattino», 28 luglio 2015)

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2 risposte a Quella Madonna dietro la macchina per cucire

  1. Roberto Cramarossa scrive:

    E’ possibile sapere se “Passio hominis” verrà rappresentato anche in Puglia?
    Grazie.
    Roberto Cramarossa

  2. Enrico Fiore scrive:

    Gentile Signor Cramarossa,
    sono io che ringrazio Lei per aver visitato questo sito e manifestato interesse per uno spettacolo di alto livello e profondo significato come “Passio Hominis”. Purtroppo devo dirLe, però, che almeno per il momento non ne sono previste repliche in Puglia. Le uniche programmate a tutt’oggi (ma da confermare) sono quelle del 24 e 25 prossimi, alle 19,30, nella Basilica di San Bernardino a L’Aquila, nell’ambito della 721ma edizione della Perdonanza Celestiniana. Il 9 novembre, poi, lo spettacolo andrà in scena nella Basilica di San Lorenzo, a Firenze, in occasione dell’apertura del quinto Convegno Ecclesiale nazionale. E infine dovrebbe essere rappresentato a Roma durante il Giubileo.
    Con i più cordiali saluti.
    Enrico Fiore

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