Sull’ara di Artemide un boia dell’Isis

Lucia Lavia e Sebastiano Lo Monaco in una scena di «Ifigenia in Aulide» (foto di Franca Centaro)

Lucia Lavia e Sebastiano Lo Monaco in una scena di «Ifigenia in Aulide» (foto di Franca Centaro)

SIRACUSA – Ha perfettamente ragione Federico Tiezzi – regista dell’allestimento di «Ifigenia in Aulide» proposto dall’Inda nel Teatro Greco di Siracusa – quando dice che quel testo «più che una tragedia è una tragicommedia» e ne rileva le «tante parti di comicità» e la «grande ironia» di certi passaggi.
Infatti, Euripide – in questa ch’è la sua ultima tragedia, rappresentata postuma – ribadisce strenuamente, come in una sorta di lascito testamentario, i cardini «ideologici» su cui ruota, per intero, la propria opera: il ridimensionamento e la demistificazione del mito da un lato e la sfiducia e la polemica nei confronti della religione e dell’irrazionale in genere dall’altro. E ne deriva, messa in moto da colui che è lo scrittore più ateo della storia, un’autentica girandola di colpi di scena, contrasti insanabili e reiterate crudeltà, tale da configurare, senz’ombra di dubbio, un premeditatissimo mélange delle forme e dei ritmi in epoca moderna codificati, poniamo, dal feuilleton e dal vaudeville.

Elena Ghiaurov nei panni di Clitemnestra (foto di Franca Centaro)

Elena Ghiaurov nei panni di Clitemnestra (foto di Franca Centaro)

In proposito, pensiamo solo un attimo alla trama. Di fronte alla tremenda decisione da prendere (se, cioè, debba o no sacrificare la figlia Ifigenia ad Artemide, che solo dopo quel sacrificio darà alla flotta greca il via libera verso Troia), Agamennone cambia parere ogni cinque minuti. Scrive a Clitemnestra una lettera per farla venire ad Aulide col pretesto di voler celebrare le nozze di Ifigenia con Achille, ma poi ne consegna a un vecchio schiavo un’altra per ordinarle di tornare indietro. E cambia parere anche Menelao, che inizialmente bolla con sarcasmo i tentennamenti del fratello («Il tuo pensiero varia, da ora, a prima, a subito») e poi si pronuncia per la salvezza di Ifigenia. La quale, per suo conto, prima dichiara: «è meglio vivere male che avere una fine gloriosa» e poi comunica alla madre: «io ho deciso di morire. E voglio farlo con gloria». E infine cambia parere addirittura Artemide, che fa scomparire Ifigenia, sostituendola con una cerva, nel momento in cui sta per essere sgozzata sull’ara.

Federico Tiezzi

Federico Tiezzi

Giustissimi, quindi, anche i riferimenti di Tiezzi da un lato a Jannis Kounellis e dall’altro ad Anselm Kiefer: due artisti che, per l’appunto, rispettivamente mettono in campo il mito e la sua dissacrazione. Non a caso, del resto, si adotta nella circostanza la traduzione di Giulio Guidorizzi, ovvero di uno dei maggiori esperti, appunto, del mito greco. E tale lettura (ripeto, più che fondata) si precisa già nella sequenza iniziale. Davanti alle navi in secco e tra i simboli di antichi miti (un cavallo alato e un toro) semisepolti nella sabbia, la scena di Pier Paolo Bisleri ci mostra guerrieri greci che sono prigionieri – vedi, per esempio, la posa plastica dell’arciere – di tutta la sterile proverbialità dell’iconografia relativa all’Ellade.
In breve, Tiezzi esalta al meglio l’ambivalenza (e l’ambiguità!) di Euripide, dando luogo a uno scambio continuo fra la magniloquenza di quei personaggi e i toni melodrammatici in cui precipitano. Basterebbe considerare, al riguardo, la vera e propria pantomima comica che si sviluppa fra il vecchio schiavo e Menelao che vuole strappargli la seconda delle lettere inviate a Clitemnestra da Agamennone. Mentre il lato drammatico del testo si traduce nel segno forte di quel sacerdote che, incaricato di procedere all’uccisione rituale di Ifigenia, appare abbigliato e atteggiato come un boia dell’Isis.
Ottimi, infine, i principali fra gl’interpreti in campo. Sebastiano Lo Monaco offre qui una delle migliori prove della sua carriera, trasformando Agamennone in una sorta di Amleto in sedicesimo trafitto dalle punture di spillo del ridicolo. E gli sono accanto con efficacia non minore Elena Ghiaurov (Clitemnestra), Francesco Colella (Menelao) e – last but not least – una Lucia Lavia che, nel ruolo di Ifigenia, sembra proprio inverare l’irruenza del padre Gabriele e la ferma dolcezza della madre Monica Guerritore.
Insomma, si può concludere affermando in tutta tranquillità che quest’allestimento di «Ifigenia in Aulide» è uno dei migliori fra gli spettacoli proposti nel Teatro Greco di Siracusa, almeno per ciò che concerne gli ultimi anni.

                                                                                                                                            Enrico Fiore

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