Sonata per trio sul Teatro Stabile:
Franceschini, Daniele e De Fusco

Il ministro Franceschini

Il ministro Franceschini

Illustrissimo Signor Ministro Dario Franceschini, La imploro – stando umilmente in ginocchio – di farmi il favore di concedere al Teatro Stabile di Napoli, entro il più breve tempo possibile, la tanto agognata (dallo Stabile di Napoli medesimo) qualifica di Teatro Nazionale. Solo così, infatti, potrò, o almeno lo spero, liberarmi dallo stillicidio delle dichiarazioni trionfalistiche che ad intervalli più o meno regolari – e appunto allo scopo di caldeggiare la concessione di quella qualifica – rilascia Luca De Fusco, il direttore dello Stabile in questione.
Ieri, per esempio, ha dichiarato quanto segue: «Si è passati dai 2.153 abbonati della stagione 2010-2011 (la stagione del suo avvento alla direzione dello Stabile, n.d.r.) ai 3.568 di quella attuale, con un incremento del 65,70%». Ed ha aggiunto: «Il fenomeno non riguarda solo noi, ma anche altri importanti teatri cittadini come il Bellini e il Diana, dove si conferma questo trend di crescita in termini di fidelizzazione degli spettatori. Napoli dimostra così di non specchiarsi più solo nella sua grande tradizione, ma di vivere con passione il suo presente teatrale, anche per quanto riguarda la propria capacità di programmazione».

Luca De Fusco

Luca De Fusco

Ma che bellezza, anzi: che «grande bellezza». Peccato che, poi, il Politeama (l’autentico tempio della prosa di giro italiana) sia chiuso da anni, che il Trianon sia stato messo (finora inutilmente) all’asta, che l’Acacia abbia richiuso i battenti dopo appena un anno di vita della nuova gestione aperta a stimolanti proposte, che Pina Cipriani sia stata costretta ad abbandonare il suo Sancarluccio, che un regista come Antonio Latella, di caratura internazionale e per giunta napoletano, abbia dovuto dimettersi dalla direzione artistica del Nuovo e rinunciare al progetto largamente innovativo che per quel teatro aveva varato, che lo stesso Nuovo sia passato dal campo della sperimentazione più avanzata, in cui aveva conquistato non trascurabili meriti, a quello del teatro in buona misura commerciale, che la Galleria Toledo, l’altro teatro istituzionalmente votato alla sperimentazione, sia spessissimo semivuoto (più di una volta mi son trovato ad esservi l’unico spettatore), che Mimmo Borrelli, pure lui napoletano e uno dei più importanti autori di oggi, stia lavorando con il Piccolo di Milano e non, come sarebbe stato logico e doveroso, con lo Stabile di Napoli… E qui mi fermo, giacché l’elenco dei «peccati» è davvero interminabile.
Dunque, a prescindere dalle cifre mirabolanti snocciolate da De Fusco, sul presente del teatro napoletano gravano non pochi e non irrilevanti problemi. Poniamone qui soltanto due, fra loro complementari: dato e non concesso che le cifre mirabolanti snocciolate da De Fusco siano vere, che tipo di pubblico ha concorso e concorre a determinarle? e che tipo di programmazione è stata ed è fornita a quel pubblico?
Qualsiasi persona che sia minimamente intelligente e in buona fede capisce bene che non si tratta di domande oziose, ma si tratta, invece, di domande capitali. Anni fa, incontratici all’aeroporto di Palermo, chiesi a De Fusco, che allora era direttore del Teatro Stabile del Veneto, come la mettesse col fatto che i suoi spettatori erano in larghissima maggioranza persone molto anziane che, per la legge di natura a cui siamo tutti sottoposti, a poco a poco sarebbero scomparse. E lui, con assoluta tranquillità e altrettanto cinismo, mi rispose: «Non fa niente, vuol dire che gli spettatori vecchi che scompariranno verranno sostituiti da altri che nel frattempo saranno diventati vecchi».

L'assessore Nino Daniele

L’assessore Nino Daniele

Meno male che, adesso, le inclinazioni gerontofile di De Fusco sembrano ridimensionate, visto che c’informa che «molti nuovi abbonati sono giovani sotto i 30 anni». Ma in proposito rimando ai commenti che in varie riprese ho pubblicato su questo sito e alla risposta che ho fornito al commento inviato da Gabriele Russo, direttore artistico proprio del Bellini. Nella circostanza, però, s’impone un’ultima considerazione: perché, se le cose del Teatro Stabile vanno così bene, Luca De Fusco – non molto tempo fa, alla fine del settembre scorso – ha rivolto un appello a «quel che resta della società civile napoletana, agli intellettuali, agli uomini di cultura, agli imprenditori lungimiranti, a chi ha caro il futuro della produzione culturale, alle istituzioni (e penso innanzitutto alle Università). Un appello semplice: “Adottate un palco del Mercadante”. Costa poco più di mille euro all’anno e contribuisce a garantire allo Stabile la liquidità necessaria alle sue attività»?
Senza contare, e concludo davvero, la contraddizione stridente fra le affermazioni entusiastiche di De Fusco e quelle avvilite del suo sponsor istituzionale al Comune, l’assessore Nino Daniele. Il quale ha scritto su questo sito: «Non possiamo supplire nella nostra realtà al diminuire delle risorse pubbliche con il mercato. Qui la crisi colpisce duro e spinge a tagliare i consumi culturali. Abbiamo meno Stato e meno mercato. Pochissime sponsorizzazioni». Ma come, l’assessore Daniele dice che «la crisi colpisce duro e spinge a tagliare i consumi culturali» e De Fusco dice che c’è «un incremento del 65,70%» nel numero degli abbonati allo Stabile da lui diretto?

                                                                                                                                             Enrico Fiore

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