Una Mrs. Warren al volante
tra manichini in vetrina

Giuliana Lojodice nei panni di Mrs. Warren

Giuliana Lojodice nei panni di Mrs. Warren

«Ho mostrato che la professione di Mrs. Warren è un fenomeno economico prodotto dalle paghe insufficienti e dal cattivo trattamento che riserviamo alle donne che cercano di guadagnarsi la vita onestamente». Così George Bernard Shaw a proposito della sua famosa commedia, stesa nel 1894.
Dunque, siamo di fronte a una sorta di manifesto femminista ante litteram. Ma la «rivoluzione» di Shaw rimase interna alle parole, nel senso che, a conti fatti, si risolse in un brillante esercizio di scrittura, nel fascino di una prosa inimitabile costruita con stile sorvegliatissimo. Tanto che i personaggi sembrano indossare proprio l’«uniforme» ufficiale dei conferenzieri di fine Ottocento: a cominciare da Vivie, la fanciulla che, improvvisamente, scopre la vera attività della madre, tenutaria di case d’appuntamento in diverse città d’Europa.
Sostanzialmente, insomma, questi personaggi si traducono in schemi dimostrativi. E per giunta, nei centoventuno anni trascorsi dalla stesura della commedia ci sono state due guerre mondiali e varie rivoluzioni. Le donne, è lecito sospettare, hanno oggi qualche chance in più rispetto alle sole tre (il matrimonio con un uomo ricco, dodici ore giornaliere di lavoro in fabbrica o, appunto, la professione della signora Warren) considerate e denunciate da Shaw.
Ebbene, Giancarlo Sepe – regista dell’allestimento de «La professione della signora Warren» in scena al Mercadante – rispetto a tutto questo non poteva far meglio. Sottolineando la teatralità tendenziosa dell’insieme col mostrare i personaggi (non più che manichini agghindati esposti in vetrina) anche prima ch’entrino in azione, li riduce, giusto, alla loro natura di puri paradigmi: basta considerare la prima apparizione di Mrs. Warren e di Vivie, l’una al volante di una berlina con i fari accesi negli occhi degli spettatori (è una perfetta dominatrice) e l’altra che emerge da un cumulo di libri in body bianco (è una suffragetta ad un tempo supponente e innocente).
Gran belle invenzioni, non c’è che dire. E niente da dire, ci mancherebbe, pure sulla maiuscola Mrs. Warren di Giuliana Lojodice. Da segnalare, fra gli altri, Federica Stefanelli (Vivie), Giuseppe Pambieri (Crofts) e Pino Tufillaro (Praed). Su tutti incombe dall’inizio alla fine, appeso in alto, un assegno della Banca d’Inghilterra: perché altro che femminismo, nell’Europa di oggi s’aggira lo spettro incarnato dalle banche.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

(«Il Mattino», 25 aprile 2015)

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