Vigilia di Natale con eco-terroriste a caccia di semi

Michele Mori e Sara Allevi in un momento di «Semi» (la foto è di Angelo Maggio)

Michele Mori e Sara Allevi in un momento di «Semi»
(la foto è di Angelo Maggio)

CASTROVILLARI – Dopo «La macchina da parlare», la XX edizione del festival «Primavera dei Teatri» ha proposto, sempre in «prima» nazionale, un altro testo riferito al futuro: «Semi» di Marco Zoppello, allestito da Stivalaccio Teatro con la regia dell’autore. Solo che, rispetto a «La macchina da parlare», stavolta si tratta di un futuro ben precisato.
Siamo in Norvegia, precisamente in una delle isole Svalbard: dove si trova il Global Seed Vault, ovvero una base militare che ospita la banca in cui vengono custoditi gli ultimi ottantaquattromila esemplari di sementi pure. Il piano, orchestrato dalle multinazionali d’accordo con i governi europei, è quello di garantirsi la possibilità di affamare l’intero pianeta dopo che saranno state messe in circolazione nuove sementi, geneticamente modificate, che danno un frutto senza vita. E si capisce, dunque, perché l’edificio in questione venga presidiato giorno e notte.
Nel giorno previsto dal copione, la vigilia di Natale del 2029, a presidiarlo sono il sergente maggiore Mario Zoppei e i due soldati semplici Giorgio Morello e Fausto Rossi. I quali, improvvisamente, debbono subire l’attacco di due eco-terroriste, Dalila e Patrizia, che si propongono di trafugare almeno una parte delle famose sementi pure o, se non ci riescono, di far saltare con una bomba l’intera base. E le note di presentazione dello spettacolo dichiarano che tale plot costituisce lo «specchio deforme di vizi e difetti del nuovo millennio», mentre i personaggi, «a metà tra graphic novel e satira espressionista», «sono dei piccoli mostri che sgomitano per trovare il loro spazio nella società» e «Semi» è «un ring, un microcosmo che si sorregge sul conflitto e sull’irrealizzabile bisogno di stabilire nettamente il bene e il male».
Poi, per la verità, scopriamo che Zoppei beve, Morello s’identifica col suo tablet e Rossi coltiva un’incazzatura permanente che solo con un titanico sforzo dell’immaginazione potremmo scambiare per nevrosi. E insomma – altro che «vizi e difetti del nuovo millennio», «satira espressionista» e «bisogno di stabilire nettamente il bene e il male» – constatiamo che siamo, invece, di fronte a una serie di sketch da avanspettacolo, e per giunta di qualità modesta.
Ve ne fornisco solo due esempi. Quando il colonnello Degli Acerbi chiede a Zoppei: «Come si rapporta coi suoi sottoposti?» e Morello, che sta guardando sul tablet la semifinale Italia-Germania del 2006, grida: «Rigore!!!», Zoppei risponde al frastornato ufficiale: «Con rigore! Colonnello! Con estremo rigore! Disciplina e, se serve, la frusta!». E quando, volendo imitare il video delle Brigate Rosse che tenevano prigioniero Moro, Dalila e Patrizia legano Morello e Dalila chiede un giornale per testimoniare, appunto, che è lunedì 24 dicembre 2029, Zoppei replica: «Scusi, eh, non vorrei sembrarle scortese, ma siamo a 600 chilometri dal Polo Nord, è veramente complicato trovare un quotidiano…».
Né più consistente si rivela la parodia della famigerata «tv del dolore». E se consideriamo, per finire, il profluvio delle canzoni di Iva Zanicchi e il ricorso frequente ai dialetti (il veneto, il napoletano e il romano) con lo scopo di amplificare il tono comico dell’insieme, capiamo che – a conti fatti – «Semi» è uno spettacolo che invera perfettamente il suo sottotitolo «Senza infamia e senza lode». In breve, non è più che un gioco svagato. Ma se, in quanto tale, può legittimamente rientrare nell’ambito del teatro per ragazzi spesso praticato dalla compagnia Stivalaccio, non si riesce a individuare la ragione per cui è stato invitato a partecipare a un festival come «Primavera dei Teatri», che – lo ricordo ancora una volta – indaga (o dovrebbe indagare) i «nuovi linguaggi della scena contemporanea».
Qui c’imbattiamo nel semplice intrattenimento, a base di maschere e pantomime grottesche con l’aggiunta dell’incursione in platea di un facsimile di Barbara D’Urso. E in linea con tale impostazione risulta la prova, comunque godibile, degl’interpreti: Sara Allevi, Giulio Canestrelli, Anna De Franceschi, Michele Mori, Marco Zoppello e Matteo Pozzobon.

                                                                                                                                          Enrico Fiore

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