Quella crisi in famiglia scandita dai «whatsappini»

Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia in un momento di «Non mi hai più detto ti amo», in scena al Diana

Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia in un momento di «Non mi hai più detto ti amo», in scena al Diana

NAPOLI – Evidentemente convinto d’essere una reincarnazione di Eduardo De Filippo e con l’aria di chi ha scoperto per l’ennesima volta l’America, tale Gabriele Pignotta – autore e regista di «Non mi hai più detto ti amo», la commedia in due atti che la Milleluci Entertainment e il Festival Teatrale di Borgio Verezzi presentano al Diana – dichiara nelle sue note l’intento di rispondere ai seguenti interrogativi: «La famiglia è ancora il cardine della società e il nostro punto di riferimento assoluto?» e «Come si stanno evolvendo le nostre famiglie alla luce delle trasformazioni sociali, politiche ed economiche in atto?».
Dopo di che il Pignotta, altrettanto evidentemente convinto che noi viviamo sulla luna, c’informa che si tratta di temi «attualissimi»; e convinto, infine, che, proprio perché viviamo sulla luna, non siamo in grado di capire i problemi che agitano la terra, ci spiega che qui si narra «la storia di una famiglia italiana contemporanea, costretta ad affrontare un cambiamento traumatico improvviso e che, alla fine di un percorso umano difficile ed intenso, si ritroverà completamente trasformata e forse più preparata a sopravvivere».
Per l’esattezza, c’imbattiamo nei De Angelis: il padre Giulio, medico curante, la madre Serena, casalinga, e i figli Tiziana e Matteo, studenti universitari. E il loro ménage fila, da sempre, sui binari delle più ordinarie e pigre certezze, scandito da immancabili e rassicuranti «whatsappini». Finché succede tutto insieme: Serena decide di riprendersi la sua vita di persona e di donna, comincia a frequentare una palestra, avvia una relazione extraconiugale, torna al lavoro di architetto che aveva abbandonato per stare ai fornelli e, contemporaneamente, scopre che il Pap test è risultato positivo e che forse ha un cancro.
Tranquilli, però. Ad onta che il Pignotta asserisca che la sua commedia, oltre che «ironica», è anche «sorprendente», ci viene offerto un lieto fine che più «telefonato» non potrebbe risultare: gli accertamenti fatti da Serena fugano ogni timore, Tiziana e Matteo si danno a studiare con lena maggiore e Giulio rivela ai figli che l’amante della quale s’era vantato è proprio quella Serena inedita: «Vi presento la mia nuova donna, anzi la mia “donna nuova”, direi!».
Insomma, davvero non vale la pena di farla lunga. Siamo di fronte a un’abborracciata riproduzione in palcoscenico della classica sit-com televisiva, una sorta di «Casa Vianello» senza Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Che sciorina rivelazioni sconvolgenti tipo: «Ho un sacco di amici che si sono laureati e faticano a trovare lavoro», «Questo ormai è un Paese per vecchi», «Il matrimonio a tempo indeterminato non va più di moda» e, per chiudere in bellezza con gli esempi in tema di ovvietà, «La vita è la cosa più preziosa che abbiamo».
Lo stesso discorso vale per quanto riguarda l’efficacia delle battute che vorrebbero essere comiche. Se, poniamo, Giulio sta parlando al telefono con la sorella Marina che gli chiede di spiegarle come fare la puntura al marito Luciano e proprio in quel momento arriva Matteo che gli chiede di spiegargli come si fa il nodo alla cravatta, sono perfettamente prevedibili gli equivoci che ne derivano. Giulio dice a Matteo: «Alza il collo e infilala dentro» e Marina capisce che deve infilare la siringa nel collo di Luciano, Giulio dice alla sorella: «Prendi la confezione del farmaco, ci sono le istruzioni dentro» e Matteo capisce che le istruzioni sono dentro la cravatta. Senza contare la battuta che Tiziana rivolge alla madre: «Tutto sotto controllo, mamma. Stai serena» e la risposta della madre a beneficio degli idioti irrecuperabili: «Sì, sì, per fortuna che mi ci chiamo, Serena».
In quanto regista, poi, Pignotta si preoccupa solo di rimpolpare l’insieme con gag e canzoni di plateale svagatezza. E per ciò che attiene agl’interpreti, Lorella Cuccarini, al debutto come attrice di prosa nel ruolo di Serena, ha il suo momento migliore quando fa quello che sa fare, cioè quando balla sul ritmo sostenuto di un brano rock, imitando gesti e movenze di un chitarrista; mentre Giampiero Ingrassia, nei panni di Giulio, s’aggrappa (ma senza risultati strepitosi) al mestiere e alla simpatia. Gli altri – Raffaella Camarda (Tiziana), Francesco Maria Conti (Matteo) e Fabrizio Corucci (il signor Morosini) – si limitano ad esserci.

                                                                                                                                            Enrico Fiore

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