Natale in casa Cupiello-Lojacono

Eduardo De Filippo in una scena di «Natale in casa Cupiello»

Eduardo De Filippo in una scena di «Natale in casa Cupiello»

NAPOLI – Riporto qui la presentazione, pubblicata ieri dal «Corriere del Mezzogiorno», dell’inedito atto unico di Wanda Marasco «Quei fantasmi del presepe».

In scena, separati da una parete velata, un gioco di luci o altro, i due «spaccati» che corrispondono alle abitazioni di Pasquale Lojacono e Luca Cupiello. E la didascalia iniziale recita: «I due ambienti sono dei vuoti da riempire. Nel “vuoto” di casa Lojacono c’è l’armadio, che è scatola teatrale, contenitore di “fantasmi” e di autoillusioni. Scatola teatrale è anche il presepio di Luca Cupiello, che occupa un’intera parete del basso. Nei momenti di attrito o di conflagrazione i personaggi passano da una casa all’altra, rivestendo i diversi ruoli. Pasquale Lojacono e Luca Cupiello sono interpretati dallo stesso attore».
Parliamo di «Quei fantasmi del presepe», un inedito atto unico in due quadri di Wanda Marasco. E certo, la prima notizia riguarda il fatto che la Marasco, ben nota quale narratrice di vaglia, lo è assai meno in quanto drammaturga. Io stesso ignoravo questa sua competenza teatrale, me l’ha rivelata lei – quando ci siamo incontrati al Mercadante in occasione della «prima» di «Intrigo e amore» – informandomi che si diplomò in regia e recitazione all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica «Silvio D’Amico», avendo avuto come maestri, fra gli altri, personaggi del calibro di Aldo Trionfo, Marisa Fabbri e Andrea Camilleri. Ma la notizia decisiva è la seconda: non siamo di fronte a una delle solite e inutili riscritture di testi celebri di Eduardo (nella circostanza, per l’appunto, «Questi fantasmi!» e «Natale in casa Cupiello»), bensì a una riflessione che, assumendo quelle due commedie come una cartina di tornasole, investe con acume (e molto al di là delle decrepite interpretazioni di troppi, davvero troppi cattedratici e teatranti) l’intera opera del maggiore dei De Filippo.
La battuta-chiave (non a caso, dunque, collocata in posizione fortissimamente icastica) è proprio quella che pronuncia Concetta in apertura di «Natale in casa Cupiello». Attenzione, però. Prima di arrivare alla sua ormai proverbiale litania, «Lucarie’, Lucarie’… scétate, songh’ ‘e nnove!», Concetta sbotta, riferendosi al presepe del marito: «Giesù, addò vo’ arriva’? Ogni anno ‘o fa cchiù gruosso. N’atu ppoco se piglia tutt’ ‘a casa, ce agliotte e nun ce putimmo movere cchiù…». E non si tratta soltanto di un’allusione all’altrettanto fondamentale didascalia conclusiva di Eduardo: quella riguardante il Luca Cupiello morente che disperde il suo sguardo su «un Presepe (badiamo all’iniziale maiuscola, n.d.r.) grande come il mondo».

Wanda Marasco

Wanda Marasco

Si tratta, invece, del fatto, su cui più volte ho insistito, che «Natale in casa Cupiello» costituisce una sorta di equivalente napoletano dell’«Enrico IV» di Pirandello.
Pensate un po’ ai personaggi protagonisti delle due opere: entrambi sono impegnati nel disperato tentativo d’imprigionare la vita – ch’è un susseguirsi di momenti di disgregazione, per giunta slegati l’uno dall’altro – in una forma unica, per sempre data e per sempre riconoscibile. Per l’Enrico IV di Pirandello quella forma è il ruolo dell’imperatore medievale, per il Luca Cupiello di Eduardo è il presepe.
Ora, ricordate l’avvertimento di Enrico IV a colui che egli finge di scambiare per l’abate Ugo di Cluny: «Monsignore, però, mentre voi vi tenete fermo, aggrappato con tutte e due le mani alla vostra tonaca santa, di qua, dalle maniche vi scivola, vi scivola, vi sguiscia come un serpe qualche cosa, di cui non v’accorgete. Monsignore, la vita! E sono sorprese, quando ve la vedete d’improvviso consistere davanti così sfuggita da voi».
La «sorpresa», rispettivamente, sarà per Enrico IV l’uccisione da parte sua di Tito Belcredi e per Luca Cupiello la scoperta che la figlia Ninuccia tradisce il marito. E all’uno e all’altro non resterà che prenderne atto: Enrico IV rivolgendo ai propri «consiglieri segreti» la battuta conclusiva «Ora sì… per forza… qua insieme, qua insieme… e per sempre!» e Luca Cupiello isolandosi nella contemplazione di cui nella citata didascalia. Entrambi, cioè, ricorreranno ancora una volta alla forma prescelta, e con estrema e strenua lucidità, per cancellare l’ennesimo momento di disgregazione.
Perché il punto è proprio questo: Luca Cupiello pretende di utilizzare i propri familiari esattamente come i pastori che dispone a suo piacimento nel presepe. Di qui il titolo dell’atto unico di Wanda Marasco e il timore di Concetta che lei e gli altri personaggi da quel presepe possano finire per essere inghiottiti. E a dire del continuo mescolarsi di «Natale in casa Cupiello» con «Questi fantasmi!», basti l’esempio dell’«anima nera» Raffaele che, avendo sentito il rumore del presepe mandato in frantumi da Ninuccia, corre ad affacciarsi al balcone e, rispondendo all’«anima utile», il Professor Santanna, dice: «In casa Cupiello? Ah, litigio familiare? Eh, succede… Che? ‘Na lettera (quella di addio scritta da Ninuccia a Nicolino e volata via insieme coi pezzi del presepe, n.d.r.) mmiez’ ‘a via? Non vi preoccupate, è pensiero mio, adesso scendo, la prendo e la consegno a don Luca…».
Così, per giunta, aumenta anche il tasso di comicità della trama. E non trascurerei, infine, quell’armadio di casa Lojacono in cui, come sappiamo, suole nascondersi Alfredo Marigliano, l’amante della propria moglie che lo stesso Lojacono finge di scambiare per un generoso «fantasma».
Wanda Marasco, ripeto, lo definisce «contenitore di autoillusioni». E non vi fa pensare alla scatola che, ne «La grande magia», lo scalcagnato prestidigitatore Otto Marvuglia consegna a Calogero Di Spelta dopo la fuga di sua moglie? Il «mago», che col proprio spettacolo da baraccone di quella fuga s’era reso complice, spiega a Calogero che la vita è solo illusione e apparenza, di modo che a lui, Calogero Di Spelta, basta aver fede per credere che la moglie non se n’è andata, ma sta nascosta esattamente lì: nella scatola che, però, a nessun costo deve aprire.
Torniamo, insomma, alla Forma di Pirandello. E quella che è forse la scena più bella, e certamente una delle più significative, dell’atto unico di Wanda Marasco vede tutti i personaggi – sia di «Questi fantasmi!» sia di «Natale in casa Cupiello» – che rispondono «sì, me piace ‘o Presebbio» al posto di Tommasino ch’è scappato via all’arrivo di Vittorio Elia. Appunto, sono tutti dei «pastori».

                                                                                                                                            Enrico Fiore

(«Corriere del Mezzogiorno», 27/2/2018)

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6 risposte a Natale in casa Cupiello-Lojacono

  1. Gennaro Pierro scrive:

    Gentile dottor Fiore,
    è un gran bell’articolo quello che ha scritto sulla bravissima scrittrice e drammaturga Wanda Marasco e che è stato pubblicato dal “Corriere del Mezzogiorno” del 28 febbraio scorso. Grazie e cordialità. E ancora complimenti alla professoressa Marasco.
    Gennaro Pierro

  2. Enrico Fiore scrive:

    Gentile signor Pierro,
    grazie a Lei dell’attenzione e del lusinghiero giudizio.
    Le ricambio i saluti con altrettanta cordialità.
    Enrico Fiore

  3. Angelo Germoglio scrive:

    Caro dottor Fiore,
    grazie per la descrizione e l’analisi drammaturgica dell’atto unico della signora Wanda Marasco. La nostra amica e valente scrittrice napoletana, nonché esperta di teatro per i suoi trascorsi, ci proietta con il suo elaborato in un’atmosfera Eduardo-pirandelliana che ci fa riflettere ancora di più sulla profondità dei personaggi che attraverso i silenzi e le parole scavano nella nostra coscienza, sottolineandone i moti. A dimostrazione del fatto che Eduardo si presta a letture diverse e sempre di grande spessore artistico e umano.
    La ringrazio sempre di esserci e di scrivere commenti eccellenti che ci fanno meditare e crescere.
    Con rinnovata stima ed amicizia,
    Angelo Germoglio

  4. Enrico Fiore scrive:

    Grazie a Lei, gentile amico, per l’attenzione e la stima che mi riserva.
    Da parte mia, un caro saluto e un arrivederci a presto.
    Enrico Fiore

  5. Rosa Startari scrive:

    Gentile Enrico,
    mi pare di capire che quest’atto unico non è stato rappresentato, e che lei ci stia parlando della scrittura dell’opera. Lei dice che è inedito. E in effetti non sono riuscita a trovare indicazioni sulla sua pubblicazione.
    Può aiutarmi? Può dirmi se c’è un modo per leggerlo? Con quello che lei ne scrive, mi parrebbe un peccato non poterlo né leggere né vedere.
    Grazie, sempre.
    Rosa Startari

  6. Enrico Fiore scrive:

    Cara Rosa,
    sì, il testo di Wanda Marasco non è stato né pubblicato né rappresentato. Mi è stato dato dall’autrice, in via riservata, perché le dicessi (e colgo qui l’occasione per ringraziarla della stima che mi accorda) che cosa ne pensavo. L’ho detto pubblicando l’articolo adesso riprodotto su questo sito come copertina della sezione culturale del “Corriere del Mezzogiorno”. E quindi ho trasmesso l’articolo stesso a Carolina Rosi, affinché, in quanto direttrice della Compagnia di Teatro di Luca De Filippo e curatrice, insieme con i figli di Luca, dei diritti d’autore di Eduardo, decida lei se e quando autorizzarne la messinscena.
    Spero di aver risposto esaurientemente alle sue domande. E, nel ringraziare anche lei, per l’attenzione che mi riserva, le mando i miei più cordiali saluti.
    Enrico Fiore

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