Omaggio ad Andrea Pazienza senza Pazienza (a parte la nostra)

Una scena di «Personale Politico Pentothal» (le foto che illustrano l'articolo sono di Angelo Maggio)

Una scena di «Personale Politico Pentothal» (le foto che illustrano l’articolo sono di Angelo Maggio)

CASTROVILLARI – «Personale Politico Pentothal» – lo spettacolo che Fratelli Dalla Via, Piccionaia e Gold Leaves hanno presentato nell’ambito della XVIII edizione della rassegna «Primavera dei Teatri» – reca come sottotitolo «Opera rap per Andrea Pazienza». E una nota dell’autrice, Marta Dalla Via, dichiara fra l’altro che il Pentothal, un ingrediente dell’iniezione letale ai condannati a morte, viene assunto nella circostanza come metafora dell’«anestesia al resto del mondo», dell’«abbassamento delle difese immunitarie culturali» e dello «spirito in cui, purtroppo o per fortuna, è immerso questo lavoro».
Ma, prescindendo dalle intenzioni e dall’impegno dell’autrice, credo che lo spettacolo di cui parliamo sia piuttosto confuso. E al riguardo la spia d’allarme sta proprio nell’ossimoro «purtroppo o per fortuna». No, cari amici, bisogna scegliere: o «purtroppo» o «per fortuna». Giacché gli argomenti sul tappeto – giusto a partire dalle componenti dell’«universo Pazienza» (la pratica geniale del fumetto, la partecipazione al «Movimento del ’77», la fuga nell’eroina che si concluse con la morte per overdose) – sono troppo importanti perché, rispetto ad essi, non si adotti, anche sul piano di un semplice spettacolo teatrale, una posizione chiara e precisa.
Qui, al contrario, si dipana in prevalenza una serie pressoché ininterrotta di giochi di parole (evidentemente mutuati da Bergonzoni, come già, l’anno scorso, i Fratelli Dalla Via fecero in «Drammatica elementare») e di vere e proprie battute da facile cabaret: si va, tanto per offrire solo qualche esempio, dallo «stare al gioco e non al giogo» e dalla «fila per andare in mensa che è immensa» agli «originali discorsi di senso computer» e al poliziotto che, quando sente parlare dell’artista di talento che cammina «sulla lama di un rasoio monolama», risponde che «i lama stanno in Tibet»; e con simili piacevolezze fanno poi letteralmente a pugni sentenze pretenziose quali «la vita è un percorso da trovare, non da seguire» o «la rete è un’eroina contemporanea» o «morire non è la peggior cosa che ci può capitare nella vita».

Marta Dalla Via

Marta Dalla Via

Dopo di che, sotto specie di un plateale tentativo di salvarsi l’anima, si buttano lì i nomi di Pino Pinelli o di Carlo Giuliani. E Pinelli, per giunta, lo si tira in ballo per mezzo dell’ennesima battuta: «è entrato nella storia passando dalla finestra». Ciò che fa il paio con «la svolta sinistra della sinistra» e con «La lotta. Il lotto. Continuo».
No, ripeto, non si può scherzare su certi argomenti e su certe vicende. Anche perché si tratta, fra l’altro, di argomenti e vicende che sono stati le pietre miliari di una strada che ha visto, a parte le dolorose disillusioni, per l’appunto non pochi morti. E non dico questo solo perché a quelle vicende ho partecipato di persona, ma anche perché non è questo, mi permetto di obiettare, il modo giusto di rendere omaggio ad Andrea Pazienza e allo strepitoso mélange di risentita autobiografia e di surreale onirismo che connotò il suo capolavoro, appunto «Le straordinarie avventure di Pentothal».
Lo spettacolo in sé, poi, si riduce a lunghi monologhi dietro il microfono di Marta Dalla Via intervallati dalle irruzioni dei rapper Omar Faedo (Moova) e Michele Seclì (Lethal V) sullo sfondo delle postazioni gestite da Simone Meneguzzo (Dj Ms) e Roberto Di Fresco (Giobba). Il tutto condito dalle solite nebbie generate dalla macchina del fumo. Sì, risulta proprio fumosa quest’operazione. E se manca la Pazienza di Andrea, in compenso c’è quella nostra. Scusate, qualche giochino di parole, dopo tanto sopportare, ho il diritto di concedermelo anch’io.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

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