Quando l’Alzheimer è anche la retorica della tradizione

Rosalia Porcaro nel ruolo di Carmela in «Core 'ngrato» (le foto che illustrano l'articolo sono di Fiorella Passante)

Rosalia Porcaro nel ruolo di Carmela in «Core ‘ngrato» (le foto che illustrano l’articolo sono di Fiorella Passante)

NAPOLI – Esattamente dieci anni fa, e correndo il rischio che passasse per un’eresia, espressi la convinzione che dei cosiddetti «nuovi comici» – quelli che, muovendo dalle emittenti locali, sono poi approdati alle reti televisive nazionali e a un largo successo nel cinema e nel teatro – la parte migliore si declina al femminile. Pensavo, in specie, a Rosalia Porcaro. Loro, i maschietti, sono in genere semplici battutisti. Dietro la comicità di Rosalia, invece, funziona un discorso che si colloca a pieno titolo nell’ambito della satira, insieme sociale, politica e di costume.
La riprova sta nei suoi personaggi più noti: «Veronica ‘int’ ‘e borze», la cartomante Katiuscia, l’elettrice di Forza Italia signora Carmela, la commessa di merceria Creolina, la napoletano-afghana Assundam e la cantante neomelodica Natascia. Si tratta, per riassumere, di personaggi che suscitano, ad un tempo, risate e riflessioni.

Rosalia Porcaro nelle vesti di Rosa

Rosalia Porcaro come Rosa

Prendiamo il più noto di tutti, appunto Veronica. Le fatidiche «borze», ossia il risultato finale del suo lavoro (al nero), diventano – dopo aver preso il posto dell’intera fabbrica (clandestina) in cui quel lavoro si svolge – parte integrante del nome di battesimo dell’operaia. Si potrebbe immaginare un più esatto ed icastico richiamo al processo di reificazione dell’individuo indotto dal capitalismo? E si potrebbe immaginare una frecciata contro l’ipocrisia padronale più precisa e impietosa della definizione, «donatore di lavoro», affibbiata all’altrettanto fatidico «masto» di Veronica?
Altri e non meno decisivi meriti, per giunta, Rosalia Porcaro se li acquista sul terreno specifico della scrittura: la quale è capace di ricorrere persino a stilemi espressivi raffinati come il paradosso surreale e il sillogismo metaforico. E tutto questo riscontriamo nello spettacolo, «Core ‘ngrato», che la Promo Music presenta ancora stasera e domani al Delle Palme.
Il testo, firmato dalla Porcaro insieme con Corrado Ardone, si basa sulla sottolineatura per contrasto. A mano a mano che la madre, Carmela, si perde nella nebbia dell’Alzheimer, la figlia che l’assiste, Rosa, si ritrova nella chiarezza della presa di coscienza: prima dei suoi fallimenti e poi dell’amore per quella madre, appunto, che aveva sempre sentito come un peso. E quest’amore ritrovato tocca il culmine (di nuovo la sottolineatura per contrasto) proprio quando Rosa decide di uccidere Carmela, praticandole un’iniezione letale di morfina.

Rosalia Porcaro nei panni della badante Cristiana

Rosalia Porcaro come la badante Cristiana

Del resto, la sottolineatura per contrasto si annuncia già nel titolo: che cita uno dei classici indiscussi della nostra tradizione canora come anticipo della messa in discussione della retorica insita nell’attaccamento acritico a quella tradizione. E qui si determina un altro dei pregi del testo. Perché tale messa in discussione avviene attraverso la trama stessa: vedi la Carmela che, mentre traffica con la macchinetta, non riesce a ricordare che deve fare il caffè e, ad un tempo, non riesce a ricordare la relativa, celeberrima battuta di «Questi fantasmi!». Farfuglia: «A noialtri napoletani toglieteci questo poco di sfizio di farci il caffè fuori al barcone… no, era fuori al bancone… insomma era fuori».
Quel «fuori» significa, in tutta evidenza, fuori della nostra vita di oggi. Ed è una vera stilettata, e tanto più feroce perché inferta senza parere. Così come feroce perché inferta senza parere si rivela la stilettata di Carmela via telefono: «Cunce’? Sì, sì, tutto a posto. […] No, il meteo nun m’interessa». Ciò che, ovviamente, batte in breccia l’eduardiano: «Cunce’, fa freddo fuori?».
Senza parere (e quindi, ripeto, tanto più efficace) è anche, per fare un altro esempio, la tirata in chiave femminista della stessa Carmela: «Io sono la prima di dieci figli… Ero piccolina, e mia mamma: “Zitta, non rispondere, scostumata, ca si’ piccerella”. Quando so’ nati gli altri fratelli: “Statte zitta, non rispondere, perché tu sei più grande e devi capire”. Quando me so’ spusata, mio marito: “Statte zitta, pecché si’ femmena”. Mò: “Statte zitta, pecché si’ vecchia”. Neh, ma quando viene ‘o turno mio?!».
Naturalmente, poi, sul versante del divertimento straripa il cabaret ch’è nel Dna di Rosalia Porcaro. E faccio, al riguardo, solo quest’esempio: «Io batto… faccio ‘a segretaria… sì, batto a macchina… Ma che vo’ chillo?… Non si batte più? Ho detto batto a macchina, non in macchina, cretino… So’ veloce, sa’… nun ce sta niente ‘a ridere».
Superfluo, infine, insistere sulle altrettanto straripanti bravura e simpatia della mattatrice, che interpreta alternativamente o insieme (servendosi nei dialoghi di una controfigura) i personaggi di Carmela, di Rosa e della badante brasiliana Cristiana. L’affiancano con efficacia il Trio Anema (Marcello Corvino al violino, Massimo de Stephanis al contrabbasso, Biagio Labanca alla chitarra) e Giorgia Camurati in veste di cantante e, appunto, controfigura. La regia, attenta, è dell’argentino Carlos Branca. E certo, i tempi vanno un po’ stretti, soprattutto nei passaggi da un personaggio all’altro. Ma questo verrà nel corso delle repliche.

                                                                                                                                            Enrico Fiore

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