Un triangolo con lei, lei e l’altro in mutande

Da sinistra, Stefano Annoni, Maria Amelia Monti e Angela Finocchiaro in un momento de «La scena»

Da sinistra, Stefano Annoni, Maria Amelia Monti e Angela Finocchiaro in un momento de «La scena»

Lo dico subito, così chi non abbia la pazienza di continuare a leggere può già adesso capire di che cosa si tratta. «La scena» – l’atto unico di Cristina Comencini in replica al Diana per la regia dell’autrice – ha il pregio di tradursi in uno spettacolo non femminista (ce ne scampi l’iddio del Teatro!), ma femminile. E insomma, parliamo di un bell’allestimento realizzato da una donna in nome delle donne e, però, senza trascurare gli uomini.
Ad avviare il plot sono due donne mature, amiche dai tempi della scuola e di carattere opposto: Lucia, attrice, non ha uomini perché moralista, severa ed esigente, mentre Maria, dirigente di banca separata e madre di due bambini, si porta letto anche il primo venuto, perennemente convinta che sia l’uomo giusto. Come ha fatto la sera prima con Luca, ventisei anni, appena conosciuto a una festa. E la mattina dopo accade che il giovanotto, ancora mezzo ubriaco, si ritrovi in mutande di fronte a Lucia, venuta a provare con l’amica una scena che deve recitare l’indomani. Luca la scambia per Maria e Lucia sta al gioco, fingendosi Maria…

Cristina Comencini

Cristina Comencini

In breve, il titolo potrebb’essere riscritto così: «La (messin)scena». Perché il teatro nel teatro che qui si determina sul palcoscenico (a partire, giusto, dalla professione di Lucia) allude al teatro nella vita che si consuma nella realtà di tutti i giorni. Recitiamo una parte, e lo stesso Luca – una sorta di Paride post-moderno chiamato a confrontarsi con due dee/madri – è in cerca di quella che a sua volta dovrà recitare nel mondo.
Di conseguenza, la battuta-chiave è proprio quella che a Luca rivolge Lucia: «Giudica tu: chi pensi sia meglio tra noi due: lei che recita con ogni uomo che incontra o io che ho smesso di recitare nella vita perché mi sono stufata e lo faccio solo sulla scena?». Ma, poi, il pregio ulteriore e decisivo del testo è che una simile analisi dei rapporti umani, e in particolare del rapporto amoroso come può articolarsi oggi, in un’epoca di forte contrasto fra le generazioni, non diventa mai pedante o cavillosa. Sicché alla riflessione s’alterna il divertimento.
In questo, intendo nel determinare questo «mélange», la Comencini, e in quanto autrice e in quanto regista, ha la fortuna di poter giovarsi di due delle nostre più dotate caratteriste: e, in effetti, Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti, rispettivamente nei ruoli di Lucia e di Maria, ne conducono al traguardo gl’intenti come meglio non si sarebbe potuto.
Adeguato anche il Luca di Stefano Annoni. E, in conclusione, uno spettacolo che davvero merita d’essere visto.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

(«Il Mattino», 12 dicembre 2014)

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