Fantasmi di una vita
fatta solo di ricordi

 

Milvia Marigliano e Arturo Cirillo in una scena de «Lo zoo di vetro»

Milvia Marigliano e Arturo Cirillo in una scena de «Lo zoo di vetro»

Le pulsioni sessuali complicate da un narcisismo morboso, la nostalgia per un passato mitizzato, l’emarginazione e lo sfruttamento delle classi subalterne: il tutto alla luce di un lirismo sospeso tra umana partecipazione e compiacimento estetizzante, nella coscienza che il famigerato «sogno americano» è già crollato.
Sono questi, come sappiamo, i temi portanti e le caratteristiche formali del teatro di Tennessee Williams. E non a caso, si riassumono nel testo che diede a Williams il primo successo, «Lo zoo di vetro». Qui, infatti, incontriamo un’Amanda Wingfield che, abbandonata dal marito, si rifugia nel ricordo della giovinezza e s’illude di potersi riscattare mercé l’improbabile affermazione dei due figli: la timida e zoppa Laura, che vede il mondo attraverso le iridescenze dei suoi animaletti di cristallo, e il frustrato Tom, che lavora in un magazzino e tenta di consolarsi scrivendo poesie e andando ogni sera al cinema.
Ma non c’è scampo. Jim, candidato per forza a fidanzarsi con Laura, rivela alla ragazza – dopo averle acceso con un bacio una pallida speranza – che sta per sposarsi con Betty. E per giunta lascia cadere l’unicorno, spezzandogli quell’attributo che rappresenta un evidente e dichiaratissimo simbolo fallico.
Dunque, la battuta-chiave è quella che pronuncia in apertura Tom: il quale – dopo aver detto: «Io vi do verità sotto il piacevole travestimento dell’illusione» – aggiunge: «Per cominciare, rimetto indietro il calendario». Giacché il ricordo («dramma di memoria» definisce il suo testo Williams) è un espediente, il «trucco» di cui si servono i personaggi in campo, nulla più che fantasmi, per sfuggire all’asfissia di un presente che risulta, come in Cechov, assolutamente ineffettuale: la verità è il passato, perché la vita non può coincidere con quel presente.
Ebbene, Arturo Cirillo – regista dell’allestimento de «Lo zoo di vetro» che la Tieffe Teatro presenta al Nuovo – adotta una serie di segni che insieme sottolineano ed esasperano tutto questo: atmosfere sospese, tempi rallentati, arredi che galleggiano nel vuoto, scoppi di rabbia tanto più violenti quanto più sterili, fotografie dei volti dei personaggi – l’immagine al posto del corpo – appese in alto perché quei personaggi si son ridotti a un semplice equivalente dei panni stesi ad asciugare di cui parla l’autore… E non si vedono gli animaletti di vetro di Laura, è sparito anche quel fragile schermo.
Eccellenti, infine, gl’interpreti: lo stesso Cirillo (Tom), Milvia Marigliano (Amanda), Monica Piseddu (Laura) e Edoardo Ribatto (Jim). Ma questo spettacolo, intelligente e commovente, trova poi l’acme nel ricorso alle canzoni di Tenco, da «Mi sono innamorato di te» a «Lontano lontano». Williams prescrisse, appunto, una musica che traducesse, ad un  tempo, «la superficiale vivacità della vita» e «il fluire nascosto dell’immutabile, inesprimibile dolore».

                                                                                                                                            Enrico Fiore

(«Il Mattino», 15 febbraio 2015)

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