Se l’Italia del pallone
batte il «Macbeth» di De Fusco

Luca De Fusco

Luca De Fusco

Antonio Conte

Antonio Conte

NAPOLI – Alle ore 12,32 di mercoledì scorso, 15 giugno, l’ufficio stampa del Teatro Stabile di Napoli mi ha mandato via e-mail l’invito alla conferenza stampa di presentazione del «Macbeth» diretto da Luca De Fusco e che debutterà domenica prossima al Mercadante nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia. Tale conferenza stampa, diceva la e-mail in questione, era fissata per le ore 15 di oggi, venerdì 17 giugno, nello spazio Libri&Caffè dello stesso Mercadante.
Ma alle ore 12,27 del giorno dopo, giovedì 16 giugno, l’ufficio stampa del Teatro Stabile di Napoli mi ha mandato un’altra e-mail con la seguente comunicazione: «Informiamo che l’orario della conferenza stampa di presentazione dello spettacolo “Macbeth”, prevista alle 15.00 di venerdì 17 giugno, per coincidenza con la partita della Nazionale di calcio è anticipato alle 14.00».
In proposito, avrei da fare qualcuna delle mie solite, modeste domande:
1) Perché la conferenza stampa di presentazione del «Macbeth» di De Fusco è stata organizzata per lo stesso pomeriggio e gli stessi orari della partita Italia-Svezia? Nella presunzione che «Macbeth» potesse battere la Nazionale di calcio, che Luca De Fusco abbia un «appeal» maggiore di quello di Antonio Conte e che i suoi «giocatori» (i vari Gaia Aprea, Luca Lazzareschi e Claudio Di Palma) abbiano più tifosi di Buffon, Giaccherini e Pellè?
2) Perché, poi, si è deciso di anticipare quella conferenza stampa alle 14, cioè a un’ora prima dell’inizio della partita dell’Italia? In un sopravvenuto sussulto di coscienza circa il fatto che, per l’appunto, non c’è partita fra «Macbeth» e la Nazionale di calcio, fra Luca De Fusco e Antonio Conte, fra Gaia Aprea, Luca Lazzareschi e Claudio Di Palma da una parte e Buffon, Giaccherini e Pellè dall’altra?
3) Se si ha paura della concorrenza che la partita di calcio Italia-Svezia fa al «Macbeth» di Luca De Fusco, dove sono le folle più o meno oceaniche (e, in particolare, i sempre più numerosi giovani) che, a detta dello stesso De Fusco, per null’altro stravedono che per quanto accade all’interno del piccolo mondo autoreferenziale del Teatro Stabile di Napoli?
Queste le mie tre modeste domande. E se l’Italia del pallone batte il «Macbeth» di De Fusco, qualche preoccupazione dovrebbe pur sfiorarlo, il trionfalismo di molti teatranti.

                                                                                                                                            Enrico Fiore

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