Il Fregoli in gonnella
che si chiama Claudia

Claudia Gerini

Claudia Gerini

NAPOLI – Ma è esistita veramente questa Signorina Maria che compare dall’inizio alla fine in «Storie di Claudia», l’allestimento che – su testo suo, di Paola Galassi, Michela Andreozzi e Giampiero Solari – la Gerini presenta al Diana? O se l’è inventata lei, sotto specie di espediente narrativo o filo conduttore o leitmotiv necessario a legare fra loro i vari momenti dello «one woman show» in questione?
L’ipotesi più probabile, però, è che si tratti di una metafora dell’immaginario collettivo riguardante lo spettacolo in tutti i suoi generi: dal cinema, com’è ovvio, al teatro, dalla canzone alla danza e, addirittura, al circo. Infatti, quando per la prima volta entrò nella casa della Signorina Maria, che s’affacciava sul cortile del grande condominio romano in cui abitava, la Claudia bambina si trovò di fronte a un autentico «sancta sanctorum», del quale la donna, dall’età indefinibile, era l’appassionata sacerdotessa.
Ecco, per cominciare, i manifesti dei film «L’Angelo Azzurro» con Marlene Dietrich, «Viale del tramonto» con Gloria Swanson, «Risate di gioia» con Anna Magnani, «Polvere di stelle» con Monica Vitti… E a poco a poco quell’immaginario collettivo si mescola con l’autobiografia artistica (e in qualche caso privata, a partire dal ruolo di madre) della mattatrice: un viaggio che va dal provino per «Non è la Rai» alla presenza di Boncompagni all’incontro decisivo con Verdone, passando per il «red carpet» di Cannes.
Ora, non è che tutto fili senza intoppi. I testi risultano piuttosto fragili, soprattutto sul piano di quella comicità che avrebbe garantito una maggiore presa sul pubblico. E, d’altra parte, non sviluppano a dovere la satira e la critica dell’ambiente cinematografico che avrebbero fornito il pepe auspicabile allo spettacolo: ci si limita alla battuta: «Per un Tornatore che ti sceglie ci sono sempre il Bellocchio che ti scarta e un Sorrentino che non ti prende».
In compenso, s’impongono (anche sull’anodina regia dello stesso Solari) la simpatia, la bravura e, specialmente, la versatilità della Gerini, davvero un Fregoli in gonnella: per esempio, le basta qualche manciata di secondi, dopo essere scomparsa dietro le quinte, per ripresentarsi nelle vesti della Carmen Miranda che canta e balla «Chica chica boom» e «Tico tico» coll’incredibile trofeo di frutta in equilibrio precario sulla testa; e appena un cilindro e una sigaretta infilata in un lunghissimo bocchino le servono per calarsi nei panni della Dietrich di «Falling in love again». Efficace, in proposito, anche l’accompagnamento del pianista Davide Pistoni.
Il momento più bello e coinvolgente arriva quando Claudia, appesa a un drappo rosso che scende dall’alto, disegna eleganti acrobazie mentre si sente la voce di Maria Callas che canta «A quell’amor ch’è palpito». Corre perfino un brivido di poesia.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

Questa voce è stata pubblicata in Recensioni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *