Loretta Strong prigioniera di un disco

Paolo Oricco nel ruolo di Loretta Strong (foto di Daniela Dal Cin)

Paolo Oricco nel ruolo di Loretta Strong (foto di Daniela Dal Cin)

NAPOLI – L’interprete è legato a un grande disco: che, certo, allude al disco volante della fantascienza, ma anche, e soprattutto, al disco in cui è registrata la voce umana, separata dal corpo e, dunque, avulsa da qualsiasi contatto fisico con l’ascoltatore. Infatti, quando il personaggio protagonista riceve un messaggio alieno, sbotta subito nel commento: «Non possiamo contare sui plutoniani, sono completamente stupidi! Del resto non credo neanche che esistano, dev’essere un disco!».
Ecco, basterebbe l’invenzione della scenografa Daniela Dal Cin a dimostrare la perspicacia con cui il gruppo Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa ha realizzato, per la regia di Marco Isidori, l’allestimento di «Loretta Strong» che presenta alla Galleria Toledo.
Si tratta, come si sa, di un testo di Copi datato 1974. Il plot, in estrema sintesi, verte sulla missione affidata al personaggio del titolo: deve raggiungere la stella Betelgeuse per portarvi l’oro e coltivarlo. E due sono le battute che Loretta Strong pronuncia con maggiore frequenza: «Pronto, Linda?» e «Mi lasci infilare una parola?».
Non a caso ci troviamo di fronte a due interrogativi. Perché qui trionfa l’impossibilità della parola come fondatrice di rapporti interpersonali autentici. In realtà, Linda, la presunta amica di Loretta, non risponde, e dunque non esiste – se non nei termini di un sogno o di un desiderio della protagonista – la logorrea che le attribuisce la seconda delle battute citate.
Loretta Strong, insomma, non fa che parlare con se stessa. Se pure le sembra di aver ricevuto una chiamata, s’affretta a constatare: «Non era nessuno, solo la mia voce che risuona sugli anelli di Saturno!». E tutto, perciò, prende la strada dell’iperbole surreale, persino la pulsione del sesso: quando, addirittura, il testo tira in ballo l’ipotesi che al posto del membro maschile Loretta possa infilarsi nella vagina nientemeno che un frigorifero.
Copi, in breve, chiama in causa l’irredimibile solitudine dell’individuo nella società post-capitalistica. Una solitudine di cui costituisce una dichiaratissima (e tanto spiritosa quanto tragica) metafora per l’appunto quell’astronave che viaggia nel vuoto cosmico verso una destinazione essa stessa iperbolica: giacché Betelgeuse è, sì, una delle stelle conosciute più grandi e luminose, e la più vicina alla terra, ma è anche una stella che sta morendo, prossima all’esplosione.
Infine, senz’altro straordinaria è la prova fornita da Paolo Oricco nel ruolo della Loretta Strong assediata dall’orda dei topi, dei pipistrelli e degli uomini scimmia ai quali danno stridule voci Maria Luisa Abate, Stefano Re, Valentina Battistone e Virginia Mossi. Essere androgino che a tratti, girando su quel disco, si trova a testa in giù, traduce impagabilmente – con il suo gonnellino bianco a pois rossi e i bigodini che ultimamente ha adottato – l’immagine di una sbalestrata massaia «lumbard» che interminabilmente spettegola al telefono mentre fa i mestieri.
Al termine le presta la voce il Jimmy Fontana che canta «Il mondo». Un disco, appunto.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

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