Addio a Nando Gazzolo, signore della voce

 

Nando Gazzolo

Nando Gazzolo

NAPOLI – Con Nando Gazzolo – spentosi ieri a 87 anni in una clinica di Nepi – se ne va un altro pezzo importante di quello che potremmo definire il teatro «all’antica italiana» o, senz’altro, il teatro «tout court». Perché a dargli prestigio e popolarità fu la dote che ha distinto, giusto, tutti i grandi attori di un passato che – per arrivare alle orecchie, alla testa e al cuore degli spettatori – non aveva bisogno degli artifici tecnologici di oggi: una voce straordinariamente calda e intensa, e adoperata con sagacia estrema.
Del resto, il talento di Gazzolo discendeva, come suol dirsi, «per li rami»: era figlio di Lauro, e proprio la scuola a cui si formò in famiglia (capitò lo stesso a suo fratello Virginio, attore non meno eccellente) gli consentì di debuttare in palcoscenico a soli vent’anni, nel ’48, al fianco di un gigante quale Antonio Gandusio. E appena tre anni dopo giunse il successo, con la partecipazione all’allestimento di «Antonio e Cleopatra» diretto da Renzo Ricci.
Contemporaneamente, e non poteva essere altrimenti, quella sua voce straordinaria lo avviò a una carriera di rango come doppiatore: giacché la prestò, per intenderci, a interpreti della statura di Laurence Olivier, David Niven, Marlon Brando, Frank Sinatra, Michael Caine, Yul Brynner, Donald Sutherland e Clint Eastwood. E allo stesso modo avvenne con la televisione, che annoverò Nando Gazzolo fra i protagonisti di sceneggiati seguitissimi quali, per citarne solo tre, «Capitan Fracassa» (1958), «La cittadella» (1964) e «La fiera della vanità» (1967), tutti diretti da Anton Giulio Majano.
In televisione fu anche, nel ’68, il protagonista dell’altrettanto fortunata serie su Sherlock Holmes, mentre nel ’71, per la regia di Edmo Fenoglio, interpretò il personaggio di Thomas nello sceneggiato tratto da «I Buddenbrook» di Thomas Mann. E poi vennero persino Carosello e ancora tanto, tantissimo teatro, al servizio di autori come Shakespeare, Tolstoj, Eliot, von Kleist, Pirandello e Goldoni e sotto la guida di registi del calibro di Orazio Costa, Mario Ferrero, Dario Fo e Sandro Sequi.
Particolarmente memorabili le sue prove nel contrastato allestimento di «Chi ruba un piede è fortunato in amore» di Fo e, nel 1998, come interprete di Shylock ne «Il mercante di Venezia». Ma voglio chiudere questo piccolo ritratto, e così collegarmi a quanto dicevo all’inizio, raccontando un episodio accaduto proprio qui a Napoli.
Era una sera balorda del febbraio 1989. In un teatro Acacia semivuoto si rappresentava, per la regia di Giancarlo Cobelli, «La vedova scaltra» di Goldoni. E prima dell’inizio venne dato per altoparlante l’annuncio: «La signora Malfatti, nonostante le sue condizioni di salute, delle quali il pubblico non è stato informato, ha deciso di andare ugualmente in scena, per rispetto degli spettatori presenti, con l’affettuoso sostegno di tutta la compagnia». E capeggiava quella compagnia, sì, Nando Gazzolo.

                                                                                                                                             Enrico Fiore

(«Il Mattino», 17 novembre 2015)

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