Inginocchiatoi come tappe di una storia di libertà

Gli inginocchiatoi de «La confessione» nella sala dell'Elicantropo (foto di Andrea Falasconi)

Gli inginocchiatoi de «La confessione» nella sala dell’Elicantropo (foto di Andrea Falasconi)

NAPOLI – Venti inginocchiatoi, tanti quanti sono gli anni che il 15 gennaio compirà l’Elicantropo. E dunque non poteva darsi, per celebrare questo ventennale, spettacolo migliore de «La confessione», l’allestimento cult di Walter Manfré che nel 1996 tenne a battesimo, per l’appunto, il nuovo spazio destinato in vico Gerolomini al teatro della ricerca e dell’impegno civile e politico.
I venti interpreti s’inginocchiano a turno davanti a ciascuno dei venti spettatori (le attrici davanti ai dieci uomini e gli attori davanti alle dieci donne, secondo il sesso dei personaggi protagonisti dei rispettivi monologhi) e, quindi, ripetono per dieci volte il testo loro affidato. E si tratta di testi – scritti, ovviamente, da venti autori (come, poniamo, Enzo Siciliano, Aldo Nicolaj, Ghigo De Chiara, Giuseppe Manfridi, Roberto Cavosi, Beatrice Monroy) – che affrontano i sogni, gli incubi, i peccati e le manie del Belpaese: dall’orgasmo malgoduto alle Madonne che piangono e ai ritocchini anticellulite.
Fra gli autori ho ritrovato alcuni (su tutti Vincenzo Consolo, Ugo Chiti e Michele Serra) di quelli che nel 2000 affiancai in un’edizione de «La confessione», speciale e mai più replicata, che venne allestita a Parigi, nel «Rond-Point» degli Champs-Elysées, in occasione della rassegna «Théâtre des Italiens» ideata e diretta da Maurizio Scaparro.
Io scrissi un monologo in cui davo la parola a Tiberio Fiorilli, il gran comico dell’Arte che scappò da Napoli per cercare miglior fortuna all’estero e, giusto a Parigi, diventò celebre col nome della sua maschera, Scaramouche, e fu maestro di Molière. E immaginai che Fiorilli si lamentasse del fatto che anche molti dei suoi «discendenti» fossero costretti a prendere la via dell’esilio, a cominciare da quel Mario Martone che se n’era andato a dirigere lo Stabile di Roma.
Ricordo tutto questo per dire che ha una stretta connessione col presente. Anche Carlo Cerciello, il fondatore e l’anima dell’Elicantropo, vive in esilio: ce l’hanno mandato il teatro ufficiale e i potentati locali e statali che quel teatro (d’evasione o di puro intrattenimento) privilegiano e sostengono. E tuttavia, valgono le parole scritte da Mario Tobino: «La storia procede con invincibile logica, e gli uomini la tessono».
Così, se l’Elicantropo esiste e resiste da vent’anni, significa che quei venti inginocchiatoi simboleggiano oggi le tappe di una storia di libertà. Significa che anche l’esilio può essere trasformato in una vittoria.

                                                                                                                                              Enrico Fiore

(«Il Mattino», 27 ottobre 2015)

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3 risposte a Inginocchiatoi come tappe di una storia di libertà

  1. Carlo Cerciello scrive:

    Maestro caro, caro Enrico,
    mi hai commosso e, anche se non si fa, trasgredisco e ti ringrazio pubblicamente per quest’omaggio che, con sagace sapienza, intesse una preziosa testimonianza e lenisce il dolore per una cancellazione formale che può offendere, ferire, ma di certo rafforza e irrobustisce l’istinto barricadiero del nostro piccolo Elicantropo. A nome di tutti gli artigiani che si alterneranno ancora nel corso degli anni e delle stagioni elicantropine, a nome di tutti i ragazzi che proseguiranno i loro studi con noi perseguendo l’ideale di un teatro vivo, politico, provocatorio e soprattutto motivato, ti dico grazie e ti abbraccio con affetto e stima profonda.
    Carlo Cerciello

  2. Enrico Fiore scrive:

    Caro Carlo,
    non mi devi ringraziare: fra colleghi “barricadieri” riconoscersi reciprocamente è non solo un esercizio piacevole, ma anche e soprattutto un allenamento per continuare a combattere con ancora maggiore fiducia e più affilata consapevolezza.
    Un abbraccio anche da parte mia a te e agli artigiani e ai ragazzi che ti circondano.
    Enrico Fiore

  3. Eugenio Ravo scrive:

    …mbè, faccio gli auguri migliori al Teatro Elicantropo e a Carlo Cerciello perché sia riconosciuto e ripristinato, ECONOMICAMENTE parlando, il valore aggiunto che rappresentano nella vita culturale e teatrale della città di Napoli …
    Eugenio Ravo

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